Atto di buon governo o azione criminale? Con questo presunto dilemma il leader della Lega continua la sua incessante campagna elettorale, utilizzando una vicenda che ha un suo rilievo istituzionale, per fare schermo ai problemi che non si sono saputi o voluti affrontare. Questa ossessione propagandistica si coniuga con la promessa che in un eventuale cambio di governo i porti saranno blindati per la sicurezza del nostro Paese e dei suoi cittadini. In realtà, tutto questo nasconde due grandi debolezze della vita delle nostre istituzioni.

La prima, di non coagulare un progetto politico credibile e civile in materia di immigrazione costruendo, come sarebbe necessario, non solo in Parlamento ma anche a livello europeo, le necessarie alleanze per dare prospettiva e concretezza a un’iniziativa che continua a essere, a mio avviso, insufficiente e dilatoria. Le stesse dichiarazioni del Commissario Schinas, in visita a Roma, e riportate da un importante quotidiano di tiratura nazionale, francamente non sembrano né convincenti né determinanti.

L’idea dei “panieri” annunciata dal Commissario, sembra più una strada immaginata per contenere il dissenso in uno spazio comune che un elemento strategico di novità su un tema che segnerà comunque, assieme ad altri, certamente il destino della casa degli europei. Rimane ancora l’aspettativa nata dalle dichiarazioni della presidente Von der Leyen al suo insediamento che aveva fatto sperare, e noi ancora ci crediamo, in elementi di novità. Li stiamo percependo in materia ambientale, speriamo in un secondo passo sul tema delle persone migranti e della stabilità dei Paesi nordafricani.

La conferenza di Berlino dei giorni passati è stata un elemento di novità, ma per quanto riguarda il nostro Paese ha spostato sul piano multilaterale un tradizionale rapporto di amicizia con il popolo libico che si era consolidato negli anni. Nessuno dubita della necessità e dell’efficacia di un’intesa che coinvolga il più ampio ventaglio di Paesi attori o protagonisti in quel territorio, ma tuttavia ci rimane la preoccupazione per la perdita di centralità dell’Italia nel rapporto con la Libia. Vorrei solo ricordare, senza per questo apparire nostalgico, che era già stato costituito nel 2017 un formato che comprendeva oltre l’Italia anche Francia, Germania, Svizzera, Austria e Slovenia; una rete di rapporti quasi giornalieri con il Nord Africa che avevano i loro punti fermi nelle riunioni di Roma, di Tunisi e infine di Berna.

Ma la lucentezza degli obiettivi reddito di cittadinanza e quota cento nel dibattito nazionale ha talmente appannato la percezione della necessità di proseguire su quella strada da consentire l’ingresso da protagonisti di altre potenze estranee agli interessi dell’Ue. La seconda debolezza, di cui mi scuso subito con i lettori e con le forze politiche, nasconde il mio percorso professionale. Voglio dire che sono fermamente convinto della rilevanza, in un sistema di sussidiarietà, del ruolo delle Regioni nel nostro Paese; la stessa approvazione di statuti risponde ampiamente a una previsione costituzionale. Quello che mi lascia perplesso è l’aver consentito, come fosse questo un fondamentale atto di autonomia, la decisione sganciata da ogni altra necessità, di fissare liberamente la data delle elezioni in ogni singola regione.