In cella la temperatura sfiora i 35 gradi. E farsi una doccia non sempre è possibile: a Santa Maria Capua Vetere manca l’acqua potabile perché, a 25 anni di distanza dall’apertura, il carcere non è ancora collegato alla rete idrica. Non va tanto meglio a Bellizzi e ad Ariano Irpino, dove i detenuti devono accontentarsi di una doccia al giorno. E se qualcuno desidera acquistare un po’ di frutta e verdura, deve rassegnarsi all’idea di farlo a prezzi tre o quattro volte più alti di quelli praticati all’esterno del penitenziario.

Ecco il dramma dell’estate dietro le sbarre, ecco lo strazio di migliaia di persone che in cella dicono addio non solo alla libertà ma anche alla dignità. Ad alzare il velo su questo scandalo sono i penalisti campani che hanno visitato le prigioni di Santa Maria Capua Vetere, Bellizzi e Ariano Irpino nell’ambito di Ferragosto in carcere, l’iniziativa di sensibilizzazione promossa dall’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane (Ucpi). La scelta di Santa Maria Capua Vetere non è stata casuale.

La casa circondariale Francesco Uccella è nell’occhio del ciclone dalla fine di giugno, quando le forze dell’ordine hanno notificato un’ordinanza cautelare a 52 tra poliziotti e funzionari dell’amministrazione penitenziaria ritenuti a vario titolo responsabili dei pestaggi sui detenuti del 6 aprile 2020. Nonostante il clamore della vicenda, però, sono altri i disagi riferiti dai detenuti agli avvocati delle Camere penali di Napoli Nord e di Santa Maria Capua Vetere. «Abbiamo scelto il penitenziario sammaritano – spiega Felice Belluomo, presidente dei penalisti di Napoli Nord – per ribadire che le condizioni di operatori e detenuti, in particolare le finalità rieducative e risocializzanti della pena, non vanno dimenticate. E alla fine della visita siamo rimasti colpiti dal senso di abbandono in cui versa la struttura: le celle sono dignitose, ma il personale è sottodimensionato e i detenuti devono fare i conti con troppi disagi».

C’è chi deve attendere mesi per una visita medica e chi, nonostante le insistenze, non è stato ancora vaccinato contro il Covid. I prezzi dei beni di prima necessità sono altissimi: non solo gli alimenti, ma anche le bombolette di gas per i fornellini da campeggio costano molto di più rispetto all’esterno del carcere. «E questo è un dramma in una struttura dove manca l’acqua potabile – sottolinea Consiglia Fabbrocini, membro della Camera penale di Nola – Chi vuole bere o lavarsi è costretto ad acquistare l’acqua in bottiglia a prezzi esagerati. E questo è uno sfregio non solo alla Costituzione, ma anche alla dignità dei detenuti». Non va meglio ad Ariano Irpino, dove i reclusi possono farsi la doccia soltanto di mattina causa problemi alla rete idrica.

I problemi sono anche altri: la carenza di personale, in questo periodo ridotto all’osso da ferie e malattie, e la mancanza di attività trattamentali, indispensabili per rendere la detenzione meno insopportabile alla vasta platea di giovani. Senza dimenticare i colloqui che avvengono ancora dietro il pannello divisorio in plexiglass, con buona pace di quei ristretti che vorrebbero abbracciare i propri figli all’aria aperta e per più tempo almeno durante l’estate. A Bellizzi, infine, la situazione sanitaria è allarmante: «Mancano medici specialisti – racconta Giovanna Perna, membro della Camera penale Irpina – e molti operatori e detenuti non sono ancora vaccinati».

Insomma, come sottolinea il responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Ucpi Riccardo Polidoro, «le visite svelano le ingiuste sofferenze patite dai detenuti durante l’estate e confermano la necessità di una cultura della pena finalmente in linea con la Costituzione». La politica lo capirà? Sul punto Francesco Petrillo, presidente della Camera penale di Santa Maria Capua Vetere, è scettico: «Due anni fa, a visitare le prigioni eravamo in pochi. Ora la nostra delegazione è più folta, a dimostrazione della sensibilità dell’avvocatura. Ciò che non è cambiato è il disinteresse della politica che continua a ignorare il dramma delle carceri».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.