La battaglia dell’Ass. Coscioni per i dati sulla 194
Niente più aborti, altro che Stati Uniti: a Cosenza tutti i medici obiettori di coscienza
Ieri su La Repubblica si leggeva una notizia scellerata: nell’Ospedale Annunziata di Cosenza non si praticano più interruzioni di gravidanza. Perché? Perché l’unico medico non obiettore di coscienza, Francesco Cariati, ha deciso di continuare a svolgere la sua professione senza occuparsi più del servizio Igv. Il dottore rilasciava un’intervista dove motivava questa scelta non come improvvisa svolta reazionaria nella sua personalità, ma come alternativa costretta viste le condizioni insostenibili in cui si trovava a operare.
Il bravo medico aveva denunciato più volte l’assenza di spazi e personale dedicato al servizio, dichiarava venuti meno il rispetto tanto della dignità delle pazienti quanto di lui stesso come professionista e chiosava così: “Mi dispiace tantissimo per le donne che vengono private di questo diritto, ma io non ho avuto altra scelta”. Fermiamoci su questa parola, la scelta. Questo caso di cronaca vuol forse dire che in tutta Cosenza non si effettuano più le interruzioni volontarie di gravidanza? Significa cioè che in una intera città il diritto all’aborto non è garantito? La risposta, più scellerata ancora della notizia, è che non si sa. E, ancora, ricominciamo: perché non si sa? Perché per rispondere alla semplice domanda se in Italia la legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza sia applicata bisognerebbe avere dei dati. Dati aperti, aggiornati e dettagliati per singola struttura sanitaria. Ma questi dati non ci sono. Quel che c’è è una Relazione di attuazione del Ministero della Salute che indica dati nazionali e regionali in pdf che risalgono al 2019, cioè dati chiusi, vecchi e aggregati solo per regione.
Ma come si fa ad abortire in una regione? La risposta sta in un libro appena pubblicato: Mai Dati. Dati aperti (sulla 194). Perché sono nostri e perché ci servono per scegliere (Chiara Lalli e Sonia Montegiove, Fandango Libri). E suona così: “Quello che possiamo dire con certezza è che i numeri e le informazioni ufficiali che oggi sono disponibili non sono molto utili, sono una fotografia sfocata e vecchia. Perché avere la media regionale o il generico numero dei punti Ivg senza sapere quali sono è come ricevere un invito a cena senza avere l’indirizzo preciso. Come potremmo raggiungere la casa del nostro ospite se avessimo soltanto l’indicazione del quartiere e del piano?”. Citofonare Calabria, o Molise o Lombardia, insomma, è da escludersi. E allora? Che ne è della scelta di coloro che vogliono abortire? Devono mettersi a compulsare i giornali alla ricerca di notizie per tentare di capire se l’ospedale presso cui vorrebbero rivolgersi ha ginecologi non obiettori e che effettuano Igv? Devono, come le due autrici del libro menzionato, impegnarsi in una caccia a suon di accessi civici alle singole Aziende Sanitarie Locali e disporsi, proprio come sta accadendo a loro, ad anni di risposte tarde, inadempienti, o del tutto mancanti? O devono arrendersi a quel che è: il diritto all’aborto in Italia, pur essendo garantito per legge, non è garantito. Perché la condizione principale per la sua tutela, il fatto che sia possibile conoscere le condizioni concrete di accesso al servizio di interruzione della gravidanza, manca.
A fare qualcosa in questa ordalia di ricerche che spezzerebbero l’ostinazione più incrollabile, e che comunque chi vuole abortire non ha il tempo di condurre, è intervenuta l’Associazione Luca Coscioni. Che da qualche giorno ha messo online una piattaforma, “Freedomleaks”, che raccoglierà segnalazioni anonime su diverse questioni di interesse sanitario, politico e civile, fra cui l’applicazione della legge 194. A 44 anni dalla sua entrata in vigore è impossibile verificarne lo stato effettivo di applicazione interpellando i responsabili della sua tutela, dal Ministero della Salute in giù. E allora salutiamo come benvenuto uno strumento che finalmente si mette al servizio di chi, quella scelta di interrompere la gravidanza, spera ancora di poterla compiere come sarebbe suo diritto per legge.
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