Le manifestazioni che si sono succedute a Roma, Milano e diverse altre città italiane per protestare contro il Green Pass costituiscono un fenomeno complesso. È pertanto sbagliato definirle sbrigativamente, come qualcuno ha fatto, con un carattere distinto, come “neofasciste” o “estremiste” o qualsiasi altro appellativo univoco. La complessità si coglie subito considerando ad esempio la variegata composizione dei partecipanti ai singoli eventi. Nei cortei c’erano infatti – come le inchieste giornalistiche hanno dimostrato – molteplici tipi di persone. Ad esempio, semplici commercianti irritati di dovere limitare la propria attività o comuni persone spaventate o scettiche sui progressi della scienza (ce ne sono molte) o, più numerosi, frustrati e rancorosi con grande voglia di manifestare comunque il loro disagio sociale o, in certi casi, personale (anche di questi ce ne sono molti).

A costoro, come spesso succede, si sono aggiunti gli estremisti politici: dagli anarchici arrabbiati a movimenti dell’estrema sinistra (che hanno anch’essi, sia pure con soli slogan e senza atti di violenza, contestato la Cgil) oltre che, come si sa, i gruppi dell’estrema destra. A Roma questi ultimi sono riusciti a prendere la direzione del corteo, indirizzandolo fino alla sede della Cgil che hanno poi messo a soqquadro. Il pubblico dei manifestanti è dunque assai vario ed è errato inquadrarli in una sola categoria. D’altre parte, l’intero movimento no vax e quello no green pass (non sono la stessa cosa, malgrado vengano spesso assimilati tra loro, anche considerando il fatto che il secondo raccoglie un numero di simpatizzanti di gran lunga maggiore) hanno una natura composita che va esaminata con attenzione.

Nei cortei, tuttavia, la componente di estrema destra, che certo c’è stata, in certi casi come quello romano ha preso il sopravvento. E, a nostro avviso, va certamente stigmatizzata e combattuta. Tutti partiti dovrebbero prendere le distanze da questi nostalgici estremisti, per di più violenti. Le forze politiche che non l’hanno fatto esplicitamente e chiaramente sbagliano – e di grosso – anche dal punto di vista della convenienza elettorale. I neo fascisti infatti contano infatti pochissimo sul piano del voto. E i suffragi che si perdono non dissociandosene nettamente sono straordinariamente di più di quelli che si ottengono facendo loro l’occhiolino. Appaiono dunque giusti e opportuni la reazione e lo sdegno che si sono sviluppati nei giorni successivi ai fatti di Roma. Ma questa risposta non può essere l’unica e forse nemmeno la prevalente a quanto è accaduto nelle nostre piazze. Concentrarsi solo sul problema del neo fascismo è un errore. Il rischio è di non comprendere e sottovalutare il fenomeno no green pass nel suo insieme e il disagio sociale che esprime. Non si tratta, beninteso di “assolvere” chi si oppone al green pass ed esprime così in realtà – almeno per una parte – il proprio disagio sociale e la propria protesta. Ma di analizzarne a fondo le ragioni vere per varare misure che fermino il fenomeno.

Anche perché i no green pass sono molti. Secondo una stima pubblicata dalla Swg, le persone contrarie al green pass sarebbero il 25% della popolazione: un italiano su 4. E, secondo la stessa inchiesta, addirittura il 41% vede con favore le loro manifestazioni. Moltissimi, quindi, e non v’è dubbio che tra di loro si comprendono anche molti che si sono vaccinati (che costituiscono circa l’80% dei cittadini del nostro paese). In realtà l’esistenza di un disagio sociale, comunque motivato, non è un fenomeno nuovo. Si è manifestato in Francia con i gilets jaunes, negli Stati Uniti e in molti altri paesi. Tempo fa Beppe Grillo disse di essere riuscito ad incanalare nel Movimento 5 Stelle le manifestazioni di disagio sociale potenzialmente presenti nel nostro paese. Aveva probabilmente ragione. Oggi, con la “parlamentarizzazione” di buona parte dei grillini, chi ha voglia di protestare per i più diversi motivi è nuovamente senza punti di riferimento. Pronto a essere raccolto (e in molti casi strumentalizzato) da chi vuole mettersi a testa della protesta. Un fenomeno da non sottovalutare o trascurare.

Renato Mannheimer, Pasquale Pasquino

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