Le migliori energie della maggioranza in queste settimane sono concentrate su un dossier soprattutto: le circa 400 nomine per rinnovare i consigli di amministrazione di altrettante partecipate e società controllate. Parliamo delle top level – Eni, Enel, Leonardo, Poste Terna – e di altre decine di società meno note ma ugualmente strategiche.
Parliamo anche di Rai, di direzione di rete e dei tg. Mesi di fuoco complicati soprattutto per la premier Giorgia Meloni. Che non solo ha il problema di trovare una classe dirigente adeguata e competente per incarichi che hanno in mano il destino energetico del paese, la transizione digitale, l’efficientamento della burocrazia, ma deve anche tenere a bada appetiti e rivalità interne. Del resto parliamo del deep state che manda avanti il Paese. La nostra economia e gli equilibri geopolitici. In questo giro vorticoso di telefonate, pressioni, autocandidature si stanno consumando regolamenti di conti e sgambetti a vario livello. A cominciare dalla comunicazione di palazzo Chigi, cioè della premier Giorgia Meloni.
A molti, dentro e fuori il palazzo, è rimasta indigesta la nomina di Mario Sechi, ex direttore dell’agenzia giornalistica Agi (controllata Eni), come capo ufficio stampa di palazzo Chigi. La firma è arrivata il 6 marzo dopo una decina di giorni di stop and go e parecchi mal di pancia da parte soprattutto della Lega. Dopo mesi in cui da più parti era stata fatta pervenire a palazzo Chigi la necessità di avere più informazioni e maggiori e accurati briefing per la stampa. Sechi arriva nel momento più complicato per Giorgia Meloni: il 26 febbraio è avvenuta la strage di Cutro, la premier non va sul luogo della tragedia – cosa che invece farà il Presidente Mattarella – parte per due missioni internazionali – G20 e Abu Dhabi – e non interviene sulla dinamica della strage se non con un paio di comunicati. Lasciando il campo al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che confonde un disastro umanitario per un mattinale di polizia.
È chiaro che la macchina della comunicazione della premier – Giovanna Ianniello a capo della comunicazione politica e Patrizia Scurti, capo della segreteria particolare che i giornali dipingono come la “Kissinger di palazzo Chigi” – ha bisogno di essere messa a punto. Quanto meno integrata. Ecco che al fianco di Fabrizio Alfano, vice capo ufficio stampa, arriva Mario Sechi. La conferenza stampa di Cutro scappa evidentemente di mano. Ingeneroso e sbagliato dare la colpa solo all’ultimo arrivato. A questo punto, in questi giorni, accadano una serie di fatti. Che ci limitiamo a mettere in fila. Il Fatto Quotidiano pubblica sabato un dettagliato articolo in cui si sostiene che il neo capo ufficio stampa continua a dettare la linea nella sua ex agenzia. L’articolo viene ripreso da altre testate, ad esempio Il Post. Circola anche altro. Sempre sabato, su Il Domani, esce un articolo – anche questo molto dettagliato – su sms dell’ex ministra della Difesa del Conte 1 Elisabetta Trenta sull’attuale ministro della Difesa Guido Crosetto.
L’ex ministra grillina sarebbe la detentrice della notizia – filtrata da una sua fonte turca – della presunta taglia da 15 milioni di dollari messa dai russi su Crosetto e sulla sua famiglia. Una notizia che poi è toccato ad Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza con delega all’intelligente, smentire davanti al Copasir. Dopo che le minacce e la taglia di Crosetto erano finite sui giornali di mezzo mondo. Ennesima figuraccia che si somma all’allarme sui mercenari russi della Wagner che starebbero spingendo le partenze di immigrati dalla Libia per destabilizzare l’Italia colpevole di armare la resistenza ucraina. Anche su questo, l’allarme è stata esagerato. Un governo serio non può scivolare su questi dossier.
A questo punto conviene tornare alla partita nomine, alle ambizioni – legittime – di molti e al ruolo ambito del capo ufficio stampa Mario Sechi, certamente un corpo estraneo rispetto all’inner circle meloniano. Si scopre così che un altro comunicatore di fascia alta – Augusto Rubei, relazioni internazionali di Leonardo, già spinner e suggeritore ai tempi della campagna elettorale per Raggi sindaco, poi portavoce di Elisabetta Trenta, storico braccio destro di Luigi Di Maio finché è approdato a Leonardo – avrebbe ambizioni plurime. O su palazzo Chigi come capo della comunicazione, posto occupato da Ianniello, o capo ufficio stampa, posto occupato da Sechi. Di sicuro Rubei è stato, tra settembre e novembre, tra i nomi più accreditati per andare a palazzo Chigi. In alternativa Rubei sta cercando di blindare il proprio posto a Leonardo. Dove però sta per cambiare tutto il cda. Per questa ed altre caselle si stanno muovendo sulla scacchiera pedoni, alfieri, re e regine. Mosse vorticose e impercettibili. La comunicazione del governo vale un buon 30% del successo o dell’insuccesso dell’esecutivo in carica.
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