«Voglio tranquillizzare tutti i lettori: le vicende raccontate nei miei libri sono realmente accadute, non sono il frutto della mia fantasia». Luca Palamara, contattato dal Riformista, respinge al mittente l’accusa formulata da Roberto Scarpinato di essere un “dinamitardo della giustizia che mescola falsità e insinuazioni malevole prive di fondamento”. Un modus operandi di cui lo stesso sarebbe stato vittima. Scarpinato, ex pg di Palermo e dal mese scorso in pensione, in un lunghissimo articolo ieri sul Fatto Quotidiano aveva raccontato che è in atto da tempo una manovra che vorrebbe distruggere l’indipendenza della magistratura.

Ed i libri di Palamara sarebbero funzionali a tale manovra, anzi, addirittura propedeutici ai referendum sulla giustizia promossi dal Partito Radicale. «Io non ho mai messo in discussione l’attività dei magistrati, in particolare quelli antimafia, portata avanti da veri eroi che sono da esempio per tutti. Però non credo che possa esistere il reato di lesa maestà se si raccontano fatti che ho vissuto in prima persona», prosegue Palamara. Per Scarpinato, Palamara era un problema per la magistratura e per questo motivo è stato giustamente stato cacciato via.

«La colpa – risponde Palamara – sarebbe allora solo mia? A me risulta difficile pensare di essere stato l’unico esponente di un sistema collaudato. A tal proposito voglio ricordare come venne nominato Scarpinato pg di Palermo. Nel 2012, per la Procura generale del capoluogo siciliano, oltre Scarpinato, magistrato molto quotato, era in corsa Guido Lo Forte, uno dei procuratori storici di Palermo, vicino a Gian Carlo Caselli. Io e Pignatone, un sabato di metà dicembre, andiamo a casa di Riccardo Fuzio che all’epoca era membro del Csm e poi diventerà procuratore generale della Cassazione. Con lui decidiamo la strategia: io avrei dovuto convincere Lo Forte a ritirare la candidatura, in modo da spianare la strada a Scarpinato, in cambio di un’assicurazione, garantita anche dalla corrente di sinistra, Magistratura democratica: avrebbe preso il posto di Francesco Messineo a capo della Procura della Repubblica appena quel posto si fosse liberato. Le correnti di sinistra volevano Scarpinato ma la sua nomina non era affatto scontata. Quindi era necessario che la corrente moderata di Unicost, la mia, convergesse nella votazione su di lui, e che la corrente di sinistra ricambiasse il favore su Lo Forte nella successiva votazione. Da casa di Fuzio io chiamo Lo Forte e gli assicuro la tenuta di questo patto, legittimato dalla presenza di Pignatone, che tra l’altro era suo amico. E, dopo averci parlato, gli passo nell’ordine prima Pignatone e poi il padrone di casa. Niente, in punta di logica e pure di diritto. Ma il potere non ha confini, e Pignatone in quel momento era un pezzo forte del ‘Sistema’, anche perché nel frattempo aveva allacciato un ottimo rapporto con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sta di fatto che Lo Forte revocherà quella domanda e Scarpinato andrà alla Procura generale di Palermo».

Nei suoi libri Palamara aveva poi ricordato i rapporti di Scarpinato con Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia e paladino dell’antimafia, condannato a 14 anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Scarpinato, a tal proposito, ha replicato sottolineando che non c’era nulla di male ad aver rapporti con Montante, all’epoca non inquisito, e che comunque è una condanna in primo grado per un reato non di concorso esterno in associazione mafiosa, ma di associazione a delinquere. «Mi sarei aspettato da Scarpinato un accenno all’elenco di generali, esponenti di spicco del Ministero dell’Interno, prefetti della Direzione investigativa antimafia e direttori del servizio segreto che si recavano da Montante per chiedergli favori», ribatte Palamara: «Quando vennero trovati gli elenchi di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi esplose lo scandalo della P2».

Montante, da parte sua, ha annunciato di voler querelare Palamara. «Nell’ambito del mio dovere di verità di raccontare fatti e vicende avvenute all’interno del Csm, mi sono riferito a tutte quelle vicende che hanno interessato i magistrati che a lui si sono relazionati. Tutto quanto da me raccontato è facilmente verificabile consultando i verbali di seduta della prima commissione del 2017. Non ho alcuna difficoltà a chiarire pubblicamente con chiunque i fatti e le vicende da me narrati», la replica di Palamara.