«Ogni nomina una cena, questo è». E poi: «Tra le cene che racconta Palamara nei suoi interrogatori ci sono anche cene con procuratori della Repubblica che questo Consiglio ha nominato, anche dopo la vicenda delle chat». «Mi rendo conto – prosegue – che si possono esprimere valutazioni di non condivisione, ma quel “si è sempre fatto così” è una constatazione frutto di esperienze associative e consiliari di quasi quindici anni». Ad esprimersi “senza freni” è Antonello Racanelli, procuratore aggiunto a Roma ed ex segretario generale di Magistratura indipendente, la corrente di “destra” delle toghe.

Racanelli era stato ascoltato davanti alla Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura il mese scorso in merito al contenuto delle sue chat con l’ex zar delle nomine Luca Palamara. La deposizione di Racanelli, quanto mai esaustiva sui meccanismi di attribuzione degli incarichi al Csm, è sicuramente il miglior spot possibile per i referendum sulla giustizia: dopo averla letta è impossibile non recarsi ai banchetti e firmare in maniera convinta tutti i quesiti. La scorsa settimana il Riformista aveva raccontato alcune parti di questa deposizione, e in particolare della “moral suasion” esercitata dal togato progressista Giuseppe Cascini affinché la destra giudiziaria votasse il costituzionalista Massimo Luciani come vice presidente del Csm. Oggi l’attenzione si sofferma su due nomine importantissime: la Procura di Napoli e quella di Palermo.

Racanelli era al Csm e ricorda tutto. In particolare quanto accaduto a Palermo, Procura generale. Racanelli parte da lontano, ricordando una perquisizione, riportata dagli organi di stampa, fatta a casa di Antonello Montante (nella cui abitazione furono trovati file su vari magistrati), presidente della Camera di commercio di Caltanissetta, poi arrestato per concorso esterno. «Cosa si era scoperto? Appunti, pizzini vari, elenco di nomi di quelli (ossia magistrati, ndr.) che votavano Scarpinato (Roberto) e quelli che erano contro Scarpinato (all’epoca procuratore generale a Caltanissetta, ndr)», esordisce Racanelli: «Leggendo il libro di Palamara ho capito che ero stato estraneo al Sistema». «Fui l’unico – aggiunge – a votare Guido Lo Forte (procuratore di Messina, ndr), mentre cinque voti andarono a Scarpinato. Che non era della mia corrente».

Racanelli capì a posteriori cosa fosse successo. «Un accordo Unicost-Area per cui si votava Scarpinato per poi votare successivamente Lo Forte procuratore di Palermo. Poi salta quell’accordo per altri motivi». Infatti venne nominato Francesco Lo Voi. I consiglieri di Area, parte dell’accordo, fecero le barricate in Consiglio: «Alcune carriere si fanno al calduccio, altre nelle macchine blindate, nell’aula bunker, in giro per l’Italia a interrogare i collaboratori, questo ha fatto Lo Forte». Tornando invece alle chat, il Csm sembra stia puntando sulla sanzione di tipo “interdittivo”: chi chattava con Palamara non perde il posto ma non può concorrere per altri incarichi. È il caso di Vittorio Masia, presidente del Tribunale di Brescia che aveva fatto domanda per diventare il presidente della Corte d’Appello di Milano. A causa delle chat Masia è sotto disciplinare per aver violato “i doveri di correttezza, equilibrio e riserbo”, attivando «un circuito comunicato con Palamara per segnalare i colleghi aspiranti ad assumere incarichi nel distretto di Brescia e Tribunali lombardi».

Masia, in pratica, sollecitava Palamara «ad orientare la decisione nel senso da lui auspicato per ragioni legate all’appartenenza associativa» con “richieste pressanti e reiterate”. Masia si era difeso, al momento senza successo, dicendo che le segnalazioni erano state espresse solo «in ragione dei verificabili meriti professionali dei candidati e che i giudizi non positivi erano giustificati dalla sussistenza di oggettive criticità nei loro percorsi professionali, anch’esse verificabili». «Calendarizzare al più presto il posto di presidente del Tribunale di Cremona per il quale “dobbiamo” appoggiare Anna di Martino, di Area, ora a Brescia (e così me la tolgo dalle palle…)», una delle premure di Masia a Palamara andate in porto.