Sul tavolo di Kiev ci sono le forniture di gas e l’indipendenza energetica dalla Russia, lo sblocco dei corridoi del grano e la richiesta dell’Ucraina di far parte della Ue. Ma soprattutto c’è la ricerca di trovare una mediazione concordata per il cessate il fuoco. Una richiesta di trattativa che arriva dall’Europa, dai tre paesi fondatori dell’Unione, che cercano così di diventare protagonisti di una iniziativa diplomatica importante e che dovrebbe muoversi parallela all’altra, l’unica finora abbozzata, che è quella di Ankara.

Informazioni utili per questa missione sono arrivate dal viaggio in Israele che il premier Draghi ha concluso ieri. E altre, forse ancora più decisive, dovrebbero arrivare dal viaggio che Draghi compirà nella capitale turca il 5 luglio. Da mesi le diplomazie italiane, francesi e tedesche stanno lavorando per organizzare l’appuntamento con il format a tre. E diventa chiaro a questo punto come il Grand Tour di Draghi iniziato a Parigi la scorsa settimana, che ha toccato Gerusalemme e Tel Aviv all’inizio di questa settimana e passerà per Bruxelles, Madrid, Berlino e Ankara, sia trama e ordito di un disegno diplomatico dove nulla è scontato e tutto è possibile.

Poche ore a Kiev
La permanenza a Kiev sarà di poche ore, circa sei, secondo fonti di stampa tedesca. Ma tutto, allo stato, resta top secret. Un dato, comunque, è certo: l’Europa vuole mostrarsi unita per la pace. L’unica fonte di governo che parla in chiaro della missione a Kiev è il sottosegretario con delega agli Affari Europei Enzo Amendola che parla di viaggio in cui saranno affrontate “scelte che si dovranno fare nelle prossime settimane”. “Il viaggio del presidente del Consiglio Mario Draghi, del presidente francese Emmanuel Macron e del cancelliere tedesco Olaf Scholz ha risvolti non solo di solidarietà ma anche di scelte che si dovrà continuare a fare nelle prossime settimane” ha detto Amendola. “Sono i tre leader più esposti e impegnati in un continuo tentativo di fermare l’invasione russa e fronteggiare le emergenze. E’ un viaggio simbolico ma anche funzionale ai passaggi che ci saranno da compiere nelle prossime settimane”.

Messaggio criptico ma non troppo che divide gli analisti tra gli scettici-pragmatici che considerano il viaggio “qualcosa che va fatto ” ma tanto “alla fine la partita è tra Washington e Mosca visto che l’Europa resta marginale”. E chi invece, con l’ottimismo della volontà, giudica la missione “un pezzo importante del difficile e complesso cammino verso la pace”. Nei suoi colloqui a Gerusalemme, nel frattempo, il premier avrebbe fatto trapelare il suo pessimismo per l’atteggiamento di Putin, ma l’Italia non desiste. Tutta la missione, allo stato, resta top secret. Un dato, comunque, è certo: l’Europa vuole mostrarsi unita e quindi avere un ruolo per la pace. Gli incontri con il presidente israeliano Herzog, con il ministro degli Esteri Lapid e con il primo ministro Bennett sono stati utili perchè Israele ha un rapporto privilegiato con Mosca. “Continuiamo a lavorare per i negoziati” ha sottolineato Draghi che, in questo modo, punta anche a sminare il campo interno rispetto alla risoluzione che il Parlamento italiano è chiamato a votare il 21 giugno in vista del Consiglio Ue, sulla quale M5s e Lega puntano per ribadire il loro no all’invio di armi in Ucraina.

Botta e risposta tra Kiev e Macron
La vigilia del viaggio è segnata da alcune dichiarazioni incrociate che dimostrano la delicatezza della missione. Da una parte Kiev teme pressioni per indurre il governo alla pace. Dall’altra Macron tranquillizza dicendo: “Guai mostrarsi deboli con Mosca”. Il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Oleskjy Arestovych, ha espresso il timore che Draghi, Macron e Sholz premano perché il Paese accetti un cessate il fuoco. “Temo che cercheranno di raggiungere una sorta di Minsk 3” ha detto il consigliere, “diranno che dobbiamo porre fine alla guerra che sta causando problemi alimentari e problemi economici. Diranno che russi e ucraini stanno morendo, che dobbiamo salvare la faccia a Putin, che i russi hanno commesso errori, che dobbiamo perdonarli e dare loro la possibilità di tornare nella comunità internazionale”.

Per tutta risposta, Macron ieri in Romania in visita alle truppe francese impiegate in ambito Nato, ha chiarito la posizione: “Non possiamo permetterci la minima debolezza” nei confronti della Russia e “dobbiamo rafforzare la credibilità della nostra dissuasione affinché Mosca non possa immaginare che può proseguire ulteriormente la sua aggressione”. Fatta questa premessa e ribadito che “noi faremo di tutto per fermare le forze della Russia e aiutare gli ucraini e il loro esercito”, il presidente francese ha indicato anche quello che sembra comunque un passaggio necessario: “Il presidente ucraino e i suoi funzionari dovranno negoziare con la Russia”.

Tutto top secret
Le speculazioni abbondano. Ed è necessario attendere oggi per capire dove porterà questo incontro. Quello che è certo è che per la prima volta nella lunga vita dell’Unione, i tre leader dei principali paesi europei si presenteranno oggi insieme in un teatro di guerra. I dettagli del viaggio restano top secret per ragioni di sicurezza anche alla stampa accreditata. Quel poco che si sa è che un treno nella notte attraverserà la frontiera tra Polonia e Ucraina per portare i tre capi di stato e di governo alle prime luci dell’alba nella capitale. I tre potrebbero andare poi anche a Odessa per dare una testimonianza diretta della richiesta pressante della comunità non solo europea per sbloccare il trasporto del grano al resto del mondo ed evitare quel che Draghi, e non solo, ha definito una “catastrofe umanitaria e alimentare”.

Di certo il viaggio ha un valore politico e simbolico enorme. In primo luogo di sostegno all’Ucraina, al 112esimo giorno dall’invasione russa. Nei confronti di Vladimir Putin a cui Draghi, Macron e Scholz, intendono indirizzare un messaggio di unità del fronte europeo. E verso l’alleato Usa, Joe Biden, per chiarire che l’Unione si muove con una sua linea, che malgrado le differenze e le distanze soprattutto sul fronte energetico emerse in queste settimane, gioca a rimanere compatto, almeno nella forma.

Il fronte interno
Prima di partire nel pomeriggio con destinazione Polonia, Draghi ha tenuto un consiglio dei ministri dove sono state approvate misure per la Semplificazione e il sottosegretario Garofoli ha fatto un punto di situazione sul Pnrr. Draghi deve combattere su più fronti: la guerra, l’emergenza energetica ed economica, quella monetaria per cui, per fortuna, ieri la Bce ha spiegato che metterà in campo uno scudo contro lo spread. Forse quella meno preoccupante, anche se la più rumorosa, è la situazione politica interna. Oggi va in votazione la riforma Cartabia sulla giustizia, passaggio finale al Senato. La debacle di Salvini e Conte alle amministrative potrebbe far fibrillare la maggioranza e provocare qualche cambio di casella. Ma la legislatura sembra destinata nonostante tutto ad arrivare al capolinea previsto, cioè la primavera 2023. Anche perché nessuno dei possibili futuri leader sarebbe in grado di gestire una situazione così complessa. A meno che “l’area Draghi” non chieda di nuovo a Draghi di metterci la faccia. Ma di questo se ne riparlerà a settembre.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.