Avanti in ordine sparso sulla giustizia. Quasi un tutti-contro-tutti dentro la maggioranza, però, e non con l’opposizione. La sensazione è che sarà così almeno fino alle regionali. Quasi che la giustizia sia il terreno più idoneo per alzare bandierine di partito in vista dell’appuntamento elettorale. O che, al contrario, possa essere un buon argomento per offuscare il pasticcio benzina dove, pur essendo rientrato il secondo giorno di sciopero, il danno di consenso è giù misurabile. Il danno di sostanza anche visto che del decreto Trasparenza voluto a tutti i costi il 10 gennaio da Lega e Forza Italia “per dare un segnale politico ai cittadini furiosi per il caro benzina” alla fine, dopo le trattative con i benzinai, resterà poco o nulla.

Una pezza peggiore del buco. Un decreto inutile, insomma. Anzi dannoso. Tanto che sarà svuotato. Mentre la benzina, al netto di improbabili cacce al tesoro in cerca del prezzo migliore, viaggia stabilmente intorno ai 2 euro al litro. In città e in autostrada. Ma restiamo sul vivace e poliedrico dossier giustizia. Congelata al momento la polemica intercettazioni, blindato il ministro Nordio da parte di Giorgia Meloni in funzione anti Lega, l’insediamento del nuovo Csm con l’elezione del vicepresidente Pinelli (area Lega e Forza Italia) ha acceso ulteriori dinamiche. Nella partita del Csm il destra-centro ha rischio di perdere l’occasione di eleggere per la prima volta un laico di destra. C’è mancato un soffio e ieri mattina, nel gioco di veti incrociati tra laici e correnti dei togati, stava per uscire vincitore il laico del centrosinistra, il costituzionalista Romboli. Uno smacco insopportabile per Giorgia Meloni che già ha visto naufragare il progetto di “vincere”, dopo via Arenula, anche palazzo dei Marescialli e di farlo con una donna (Daniela Bianchini).

La vittoria al terzo scrutino di Luca Pinelli, laico della Lega, può avere una funzione risarcitoria tanto per Salvini che per Berlusconi, offeso, una volta di più, perché nella divisione dei sette laici in quota destra-centro gliene è toccato uno solo contro i due della Lega e i quattro di FdI. Il Cavaliere ha sempre mal digerito la “perdita” di via Arenula e negli ultimi giorni ha rilasciato più interviste per appoggiare il progetto di riforma del ministro Nordio attaccato invece da Lega e anche pezzi di Fdi. Per dare concretezza alle parole, Forza Italia ha ripresentato il vecchio disegno di legge di riforma costituzionale per la separazione delle carriere tra giudici e pm. Un evergreen del Cavaliere riproposto ieri – coincidenza non casuale con l’insediamento del nuovo plenum – in commissione Giustizia alla Camera dal capogruppo Alessandro Cattaneo e i deputati Antonino Calderone, primo firmatario della pdl, Annarita Patriarca e Pietro Pittalis. “Un processo è davvero giusto se chi giudica è equidistante fra chi accusa e chi si difende – scrivono gli azzurri in una nota dove sono assenti le firme di Lega e Fdi: “La riforma del sistema giudiziario non può prescindere da questo concetto per garantire ai cittadini italiani una giustizia equa”.

Con un curioso gioco di ruolo, prima di Forza Italia ha presentato analogo pdl costituzionale il responsabile giustizia di Azione Enrico Costa. Sintonie centriste? Sulla giustizia stanno un pezzo avanti. Si cambia piano e sede di Commissione e, sempre alla Camera, una manciata di ore dopo, sempre ieri, va in scena un’altra puntata del tormentone giustizia/sicurezza. Questa volta l’asse sembra essere Fratelli d’Italia e Forza Italia contro Lega. Il terreno di scontro è il decreto Ong con cui il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – che ai tempi del Conte 1 scrisse, da capo di gabinetto di Salvini, i decreti che chiudevano i porti ma i cui rapporti con lo stesso Salvini pare siano da tempo compromessi – pensa di ridurre gli sbarchi sulle coste italiane. Secondo la Lega quel decreto è inutile. Serve a poco o a nulla costringere le navi delle ong ad andare in giro per i porti di tutta Italia ma non quelli del sud. Una nave è in navigazione in queste ore verso La Spezia.

Così martedì il fedelissimo di Salvini e capogruppo in commissione Affari costituzionali Igor Iezzi ha presentato un pacchetto di emendamenti che riscrive il decreto Piantedosi, ripropone il vecchio testo smantellato a suo tempo dalla ministra Lamorgese e rivede in senso restrittivo la Bossi-Fini. Solo che i presidenti della Affari costituzionali (Nazaro Pagano, Forza Italia) e della Trasporti (Salvatore Deidda, Fdi) hanno respinto in blocco il blitz della Lega mai concordato con gli alleati. “Inammissibili per estraneità di materia” hanno sentenziato i due presidenti. Iezzi non è d’accordo. “È curioso oltre che un controsenso – ha detto – dichiarare inammissibili emendamenti a un decreto il cui titolo riguarda la gestione dei flussi”. La Lega farà ricorso. “Ci sono per caso ragioni politiche dietro questo stop?” ha chiesto polemico il braccio destro di Salvini. Pagani ha cercato di buttare acqua sul fuoco, “vi prego di non seguire strane divagazioni che sono state fatte. Quegli emendamenti erano fuori tema. Punto”.

Intanto si aspetta l’incontro a palazzo Chigi tra la premier Meloni e il ministro Nordio. Potrebbe, quello, essere il momento dei chiarimenti almeno per capire il cronoprogramma ed evitare che in Parlamento gli stessi partiti di maggioranza vadano in ordine sparso creando una grande confusione. Serve un cronoprogramma, indicare priorità e tempi certi. Meloni lo ha previsto con tutti i ministeri. Il primo sarà proprio Nordio. Il giorno potrebbe essere oggi, magari dopo la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione. La prima volta sia per la premier che per il Guardasigilli. Il provvedimento in fase più avanzata è la riforma dell’abuso di ufficio. Ed è molto probabile che sarà questa la prima casella di una riforma assai più complessa e che punta soprattutto – parole di Nordio“a ridurre i tempi dei nostri processi, nel civile e nel penale”. Le intercettazioni seguiranno. La separazione delle carriere non sembra all’ordine del giorno visto che la riforma costituzionale “urgente” riguarderà il presidenzialismo che si porta dietro quell’altra rogna che si chiama Autonomie.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.