Mettere la firma su quei ricchi accordi commerciali le regala sorrisi e un viso più disteso. Farlo nella sontuosa sede del governo di Algeri con accanto Claudio Descalzi, numero 1 dell’Eni e molto “di casa” da queste parti, e il numero 1 di Confindustria Carlo Bonomi, deve darle la sensazione di avere in mano il filo che può ricucire i problemi col Paese. E’ più solida l’Italia vista da Algeri. Lo è certamente il suo governo visto che si tratta di diventare il primo partner commerciale dell’Algeria alla voce energia con 60 miliardi di mc di gas ogni anno e di avviare una importante partnership industriale, turistica, culturale che mette l’Italia al centro dell’asse ideale tra Africa ed Europa.

L’intuizione che fu di La Pira e Mattei, ripresa con vigore da Draghi e portata avanti al governo Meloni, potrebbe far diventare l’Italia, grazie ai gasdotti a cui è stato dato il via libera dal governo di Algeri, il primo hub-distributore europeo di gas e idrogeno. Non solo: l’Algeria diventa strategica per combattere i flussi delle migrazioni irregolari; ed è fondamentale sottrarla ai tentacoli di Cina e Russia che cercano nel presidente algerino Tebboune il proprio alfiere in Africa. In funzione, anche antieuropea e anti Nato. Insomma, è sicuramente più affascinante e meno provinciale la vita vista dal palazzo presidenziale di Algeri. Ma Giorgia Meloni deve riporre in fretta sorrisi e sogni di grandeur e mettere la testa dentro i guai di famiglia. Pardon, di maggioranza. Quella appena iniziata è una settimana di fuoco per la Presidente del Consiglio che i sondaggi vedono per la prima volta dopo mesi in frenata. Ci sono le tensioni sulla giustizia, non solo sulle intercettazioni, che domenica l’hanno costretta a vergare una nota in cui difende a spada tratta il ministro Guardasigilli Carlo Nordio e lo blinda rispetto a rumours di dimissioni.

C’è da capire come fare con i balneari a cui tutto il centrodestra ha promesso in campagna elettorale di stracciare il ddl concorrenza nella parte in cui prevede di mandare a gara dal primo gennaio 2024 le oltre settemila concessioni di stabilimenti balneari. Una seria legge sulla concorrenza è uno dei milestone del Pnrr: i tassisti hanno vinto e sono stati stralciati; la revisione del catasto sopravvive ma nei fatti è rinviata al 2026; i balneari sembrava cosa fatta ma ora scricchiola anche questo importante traguardo dal governo Draghi. E poi c’è lo sciopero dei benzinai, 48 ore, venerdì e sabato. Da Algeri, la presidente Meloni cerca di tenere tutto insieme. Con “buon senso”, dice. “Ho chiesto a tutti i ministri un cronoprogramma: mi piacerebbe lavorare su una calendarizzazione dei lavori del Governo e la riforma della giustizia è fondamentale”. Sorride, davanti ai giornalisti, quando racconta della sua personale rassegna stampa mattutina in cui sembra che “io abbia mille problemi con tanti ministri (Giorgetti, Salvini, Calderoli, ndr) e soprattutto con Nordio. Con lui ho un rapporto ottimo. L’ho voluto io in via Arenula e ha la mia totale fiducia”.

Nello specifico, evitando promesse e ricette, il “buon senso” della premier le fa dire che “è necessario mettere mano alle cose che non funzionano, e quello che non funziona è un certo uso che si fa delle intercettazioni. Dobbiamo cercare le soluzioni più efficaci per capire quali punti che riguardano lo stato di diritto non funzionano”. Nordio sarà il primo ministro convocato. Ma una cosa è chiara: “Occorre mettere mano all’uso che si fa delle intercettazioni ma quello che rifiuto è che ogni volta si debba cercare lo scontro tra politica e magistratura. Non è questo quello che vogliamo”. Intanto ieri Nordio ha incassato il pieno appoggio di Silvio Berlusconi che è intervenuto con un video sui social: “Dopo molto tempo, l’Italia ha un ministro della Giustizia di cultura liberale e garantista, una cultura profondamente affine alla nostra. Noi di Forza Italia sosterremo l’azione del ministro con assoluta convinzione”.

Meloni accetta di parlare con i giornalisti fuori dal palazzo presidenziale di Algeri. Ruba tempo al cerimoniale. Anche questo è buon senso. Lo sciopero dei benzinai è la rogna più grave anche perché alla fine pagheranno i cittadini che già subiscono l’aumento della benzina. Al netto del fatto che “giornali e tv ci hanno contribuito nel creare confusione” e che “nessuno di noi ha voluto colpire la categoria” (era stato il governo ad accusare la speculazione in atto sul prezzo alla pompa) , la premier però non torna indietro: “Li abbiamo convocati due volte, non abbiamo voluto punire nessuno, anzi il decreto Trasparenza va a tutela dei tanti benzinai”. Anche sui balneari rassicura: “Resto della mia opinione e non torno indietro: tuteleremo migliaia di imprenditori italiani (i balneari, ndr) e i loro lavoro”. Ma la soluzione è difficile: Forza Italia e Lega hanno presentato emendamenti al Mille proroghe al Senato che scadono oggi; il partito di Meloni non lo farà; una sentenza del Consiglio di Stato vieta ogni proroga; l’Europa minaccia di avviare la procedura di infrazione; i balneari sono sul piede di guerra. “Convocherò anche loro e cercheremo insieme una soluzione che sia però strutturale”. Il ministro Fitto sta lavorando a Bruxelles per trovare l’appiglio per togliere le concessioni balneari dal Pnrr. E togliere di mezzo l’incubo della gara.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.