Il reclutamento e la formazione del personale all’interno degli uffici comunali di Napoli costituiscono un’attività che assume un’importanza strategica per il funzionamento dell’ente. Ebbene, quanto spende Palazzo San Giacomo per la voce di spesa denominata “risorse umane”? Stando ai dati di Openpolis, non poco: con una spesa di 68.77 euro pro capite, dopo Milano, è proprio Napoli la città che investe di più per formare e assumere i dipendenti comunali; fanalino di coda è Verona che spende solo 6.69 euro per residente.

È bene specificare che la voce in questione non comprende le vere e proprie spese per il personale, come gli stipendi, ma include tutti gli importi necessari all’amministrazione e al funzionamento delle politiche generali del personale, dalla programmazione dell’attività di formazione alla qualificazione e all’aggiornamento dei dipendenti passando per l’esborso necessario per il reclutamento di questi ultimi. Eppure questi investimenti così cospicui non trovano riscontro nella realtà: le performance del Comune di Napoli sono quasi sempre deludenti. Ancora una volta i soldi ci sono, ma vengono spesi male e il fatto che che il Comune guidato da Luigi de Magistris negli ultimi dieci anni sia passato da un organico di 12mila dipendenti a uno di 4mila e 700 ne è un’ulteriore conferma.

«I dipendenti con un contratto a tempo indeterminato sono 4mila e 700 – spiega Lorenzo Medici, segretario regionale della Cisl Funzione Pubblica – e a loro vanno aggiunti circa 1.500 dipendenti che hanno un contratto a tempo determinato, assunti con fondi del Programma operativo nazionale (Pon) o con leggi speciali come il caso del reddito di inclusione (Rei). Se poi consideriamo la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili (Lsu) è chiaro come il cumulo di queste voci faccia innalzare la spesa per reclutamento». Ma basta guardare con attenzione i numeri per capire che la realtà è molto diversa da come appare.  «Si tratta di un’illusione – continua Medici – perché di fatto siamo al minimo storico per numero di dipendenti che, tra l’altro, hanno un’età media tra le più alte in Italia e un inquadramento giuridico medio-basso, il che incide sicuramente sulla qualità dei servizi offerti alla collettività».

Le ultime statistiche disponibili, infatti, riferiscono che all’interno del Comune di Napoli il 44,38% dei dipendenti ha più di 60 anni (la maggior parte degli impiegati ha tra i 60 e i 64), più del 45% ha un titolo di studio che non va oltre la licenza media, solo il 37,55% ha terminato la scuola media superiore e appena il 16,66% ha conseguito la laurea. Senza contare che la presenza di donne negli uffici del Comune è ridotta al minimo: solo il 30% dell’intero organico è composto da lavoratrici. È evidente che con questi dati la macchina comunale non potrà mai funzionare come si deve.

«Occorre un piano straordinario di reclutamento per ingaggiare le nuove competenze necessarie a innovare la macchina comunale – conclude Medici – Penso soprattutto a ingegneri informatici e gestionali e ad architetti. Tutto ciò anche in funzione del nuovo ordinamento professionale che sarà definito insieme col rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro. La classificazione è ferma dagli anni ‘90: una cosa inaccettabile per chi vuole innovare la pubblica amministrazione e le autonomie locali».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.