Il Comune sull'orlo del default
Napoli, tasse alle stelle ma valgono solo il 12% delle entrate comunali

Nei bilanci dei Comuni una delle principali voci di entrata riguarda tasse, imposte e proventi assimilati. Si tratta di somme necessarie alle amministrazioni per l’erogazione e la gestione dei servizi. Ebbene, quanto incassa quella di Napoli da queste voci? Pochissimo: tasse e proventi rappresentano appena il 12,13% di tutte le entrate. Così Napoli scivola in fondo alla classifica stilata da Openpolis. In cima alla lista dei grandi Comuni italiani c’è Verona con una percentuale delle entrate per tasse, imposte e proventi assimilati, rispetto al totale delle entrate pari al 44,94%, seguita da Bari e Padova che registrano quasi gli stessi numeri.
Le principali fonti di entrata finanziaria per le amministrazioni dello stato, a tutti i livelli, sono le tasse e le imposte pagate da cittadini e imprese. Queste somme sono indispensabili per garantire i servizi essenziali su un determinato territorio. Rappresentano quindi il contributo che ciascun contribuente fornisce alla comunità per finanziarla. La parte dedicata alle entrate all’interno dei bilanci comunali è divisa in diverse sezioni. Una di queste si chiama “Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa”. Al suo interno sono presenti molte voci, tra cui “Imposte, tasse e proventi assimilati”. In termini quantitativi questa è la voce di entrata più importante del bilancio perché si riferisce a diversi tipi di contribuzione che cittadini e imprese riversano nelle casse comunali.
Nello specifico, all’interno di queste tre voci vengono inserite le somme relative alle entrate per diversi tipi di imposte e tasse: quella sulle abitazioni, l’addizionale comunale Irpef, l’imposta comunale propria, le tasse sulle concessioni di competenza comunale, sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sull’occupazione degli spazi e aree pubbliche, sui servizi comunali (Tasi) e sulla pubblicità in strada o per le affissioni pubbliche. Parlando di cifre Napoli si trova penultima in classifica: registra l’entrata di 486,23 euro pro capite, solo Messina fa peggio con 397,30 euro pro capite. In vetta alla classifica, invece, c’è Venezia con una cifra che stacca di moltissimo tutte le altre città con più di 200mila abitanti: 1.405,97 euro pro capite. I numeri dimostrano quanto l’amministrazione guidata dal sindaco Luigi de Magistris sia del tutto incapace di gestire le entrate, anche quelle che dovrebbero essere “certe”, ma anche di spenderle.
Insomma, Napoli è vittima di un connubio letale: non riesce a incassare né a spendere, considerato che la capacità di spesa del Comune partenopeo si attesta intorno al 69% e lo colloca così nella fascia delle amministrazioni considerate “a rischio”. Nel dettaglio, le affissioni pubblicitarie, invece di rappresentare una fonte di reddito per il Comune, costituiscono incredibilmente un costo: tre milioni spesi e zero incassi, a fronte dei dieci milioni l’anno previsti. E non va meglio se puntiamo la lente di ingrandimento sull’utilizzo degli spazi pubblici. Per quanto riguarda il Cosap (il canone di occupazione suoli e spazi pubblici), in intere aree della città si registrano un’evasione e un’elusione pressoché totali; in altre zone, invece, gli importi da versare risultano irrisori. Si pensi che il Comune di Napoli incassa un settimo del Comune di Torino, a fronte di un suolo occupato molto più esteso.
Sul fronte dei rifiuti, due anni fa il Comune di Napoli ha messo in piedi una maxi-operazione contro l’evasione fiscale considerato che un napoletano su due non paga la tassa. Finora l’ente ha incassato 40 milioni di euro. Vuol dire il 6,6 per cento. L’operazione avrebbe dovuto contribuire a sanare i conti in rosso del bilancio comunale. Ma nulla di fare, Palazzo San Giacomo non riesce a far quadrare i conti, l’ente è in predissesto, ha le aliquote alte ma una percentuale di tasse pagate bassissima. A questo si aggiunge l’incapacità di erogare alla comunità servizi essenziali dignitosi. Il risultato è che le casse comunali piangono e il disavanzo di due miliardi e 700 milioni di euro accumulato dalla giunta de Magistris costituisce di fatto un’ipoteca sul futuro della città.
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