Dopo i focolai e le vittime, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere sono arrivati i vaccini. Da ieri si è dato il via alla somministrazione del farmaco che garantirà una copertura contro il Covid partendo dai detenuti più anziani e più fragili, una cinquantina di persone in tutto. Il carcere sammaritano, che nei mesi scorsi è salito alle cronache per fatti drammatici e per le criticità legate alla pandemia, prova ora ad attestarsi come struttura penitenziaria più attiva nel piano vaccinale. Il piano, infatti, non dovrebbe fermarsi: esaurite le categorie dei più anziani e fragili si prevede di estenderlo agli altri detenuti mentre è già a quota 342 (pari al 74%) il numero dei vaccinati tra agenti della polizia penitenziaria, personale amministrativo, educatori, volontari.

A Poggioreale il numero dei vaccinati è per ora pari a 240 fra personale e volontari su 794 che risultano in piattaforma. In tutta la Campania sono invece 2.049 le persone vaccinate fra coloro che lavorano all’interno delle strutture penitenziarie su un totale di 3.962 iscritti in piattaforma. Dunque, circa la metà dei lavoratori del mondo penitenziario ha ricevuto il vaccino. «Deve essere ormai chiaro che vaccinarsi non è soltanto un diritto ma anche un obbligo morale», spiega il garante dei detenuti campani Samuele Ciambriello. La sua proposta di somministrare un vaccino a dose unica all’interno delle carceri per evitare complicazioni burocratiche e svantaggi organizzativi sembra essere stata accolta. Se le autorità sanitarie autorizzeranno il vaccino Johnson & Johnson anche per i meno anziani, infatti, è possibile che la vaccinazione con una dose unica venga utilizzata per tutta la popolazione carceraria.

Questo garantirebbe una copertura in tempi più rapidi con tutte le conseguenze che un piano vaccinale quasi a tappeto può portare all’interno delle celle dove le distanze e gli spazi sono ridotti al minimo. «Non possiamo non ricordare – aggiunge Ciambriello – che in Campania ci sono stati migliaia di detenuti positivi e cinque morti e 58 operatori sanitari contagiati fra cui una vittima». Oggi si contano cinque detenuti positivi al Covid in Campania e 51 tra il personale. L’effetto della pandemia nelle carceri è stato devastante su più livelli: «Il Covid ha fatto venire fuori le criticità del carcere, i problemi cronici del sistema penitenziario – sottolinea il garante – Pensiamo a quanti limiti ci sono stati, a quanti permessi ridotti, a quante attività interrotte. Pensiamo alle restrizioni poste per chi doveva uscire per andare a lavoro e chi nel carcere doveva entrare per fare cultura, formazione, volontariato. A fine aprile scade il permesso per i detenuti in semilibertà, se nulla cambia dovranno tornare nelle celle: chi si occuperà di loro? Come sarà gestita questa situazione?».

Il garante punta l’indice su uno dei tanti aspetti relativi alla gestione del popolo delle carceri. L’emergenza sanitaria di questi mesi aveva determinato una proroga, fino a fine aprile, dei permessi per i detenuti in semilibertà (in Campania sono circa cento), quelli cioè che di norma escono dal carcere al mattino per recarsi al lavoro e vi fanno rientro la sera per dormire ma che a causa della pandemia, in via eccezionale, avevano ottenuto la possibilità di trattenersi a dormire nelle loro case per contenere il rischio di contagio in cella. Ma fino al 30 aprile. «Poi come si procederà?», si chiede il garante. Resta l’interrogativo.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).