«In questi mesi l’epidemia di coronavirus ha messo in luce, ancora di più, i problemi cronici che attanagliano la realtà degli istituti penitenziari. Il Covid ha certamente peggiorato le condizioni dei detenuti: diminuzione drastica delle visite e dei permessi, flessione delle relazioni con il mondo del volontariato, della cultura, della formazione, annullamento delle possibilità per l’inserimento lavorativo. Da ciò scaturisce la considerazione che, per affrontare la crisi indotta dalla pandemia, non si può prescindere dal fatto che il carcere è un insieme di persone, una comunità appunto, nella quale contano le condizioni di ogni singola persona, sia essa un operatore penitenziario che un detenuto o un volontario». Comincia così la lettera che i vescovi della Campania hanno indirizzato alla ministra della Giustizia Marta Cartabia per richiamare l’attenzione della politica e del Governo sui drammi che i detenuti vivono dietro le sbarre e valutare possibili soluzioni.

Una lettera «con una sua forza, e una sua “profezia”», spiegano. L’iniziativa sarà presentata stamane nel centro pastorale della Diocesi di Napoli, nel quartiere Sanità, da don Franco Esposito, responsabile del centro pastorale carceraria della Diocesi partenopea, da Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, e da Samuele Ciambriello, garante campano dei detenuti. «La Chiesa è dietro le sbarre», ricordano i vescovi campani ribadendo l’impegno per il recupero e il reinserimento di detenuti ed ex detenuti. Non è un caso, infatti, che l’arcivescovo Mimmo Battaglia abbia inaugurato il proprio ministero pastorale a Napoli partendo proprio dalle carceri. L’iniziativa della lettera indirizzata al ministro Cartabia si inserisce nell’ambito della conferenza episcopale campana presieduta da monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra.

Nella lettera alla guardasigilli i vescovi portano l’attenzione sull’importanza delle misure alternative come soluzione per contrastare il sovraffollamento nelle carceri che in questo periodo di pandemia rappresenta anche un pericolo per la salute di chi vive e lavora all’interno degli istituti di pena, ma anche come misura per riconsegnare alla pena quella funzione rieducativa che prevede la Costituzione e quella dimensione umana che la Chiesa invita a non dimenticare. Sono tanti in Campania, come nel resto d’Italia, i progetti sostenuti dalla Chiesa e dalle associazioni per accogliere e sostenere nei percorsi di accoglienza e reinserimento gli ex detenuti.

«È importante trovare strutture alternative di accoglienza», sostengono i vescovi campani. Di qui la proposta di mettere in campo progetti e risorse, sia umane che economiche, per rendere più strutturata e ampia la rete di accoglienza e di responsabilizzazione per chi sconta una condanna. «La risposta alla delinquenza non può essere solo il carcere», è il pensiero dei vescovi campani e di chi, come i cappellani dei penitenziari e i garanti, si impegna ogni giorno per chi è più in difficoltà, per chi vive ai margini della società o all’interno di una cella. Secondo le statistiche, ogni giorno dalle carceri italiane escono circa mille persone e per circa ottocento di loro il destino sembra essere già segnato in mancanza di luoghi di accoglienza, in assenza di percorsi di rieducazione da seguire una volta usciti dal circuito penitenziario, oltre che di un lavoro e a volte anche di una casa. «Sappiamo già che 800 torneranno a farsi e a fare del male», dicono.

Le statistiche sulle recidive parlano chiaro: torna a delinquere meno chi segue il percorso delle misure alternative al carcere, chi viene assistito nel percorso di reinserimento sociale. Dunque, per i vescovi come per il garante, sono quanto mai necessari adeguati interventi e investimenti. È questo il senso dell’appello rivolto a Cartabia: i vescovi campani chiedono al Governo segnali concreti di attenzione verso il popolo delle carceri. «La Chiesa – concludono i prelati – è dietro le sbarre per attestare che la vera giustizia quando salva e rimette l’uomo in piedi, lo include e lo reintegra».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).