Il caso
Poliziotto no-vax muore per Covid, l’ultimo messaggio: “Entro in intensiva, sulla mia lapide lo scudetto del reparto”

Diceva all’ex compagna “Io sono più forte del covid”, ma aveva sottovalutato il pericolo derivante da una infezione da Sars-Cov-2 ad un non vaccinato. È morto domenica all’ospedale di Dolo, piccolo centro della città metropolitana di Venezia, Candido ‘Chicco’ Avezzù, poliziotti 58enne del reparto mobile di Padova.
Coronavirus che aveva fatto la comparsa con i primi sintomi il 27 luglio, quattro giorni dopo la fine del suo servizio a Taranto, dove Avezzù era stato dal 13 al 23 assieme alla sua squadra per una missione nell’hotspot di Taranto, che ospita i migranti appena sbarcati.
“Si è presentato all’ospedale di Jesolo ma gli hanno prescritto una cura antibiotica da fare in casa ma le sue condizioni sono peggiorate e tre giorni dopo si è presentato di nuovo davanti ai medici, che solo a quel punto l’hanno trasferito a Dolo”, spiega oggi al Corriere la sua ex compagna Monica, per 13 anni al suo fianco.
Una situazione medica precipitata anche per un motivo: Avezzù non era vaccinato, anzi, era un convinto no-vax. “Lui era contrario al vaccino – spiega Monica – temeva gli avrebbe causato una trombosi, non si fidava. E non credeva neppure che il coronavirus fosse così pericoloso. Mi diceva: “Io sono più forte del covid”. Forse aveva sottovalutato il pericolo…”.
Inizialmente dopo il ricovero a Dolo Avezzù prende ‘con ironia’ la sua battaglia contro il virus. Scherza con chi gli chiede delle sue condizioni, fino a quando il 10 agosto scorso su Facebook scrive un post eloquente, l’ultimo sui social: “Entro in terapia intensiva. Sulla lapide lo scudetto del 2 grazie”, riferimento allo stemma del Secondo reparto mobile al quale apparteneva. ‘Chicco’ insomma aveva capito che la situazione stava precipitando, fino al decesso di domenica con una polmonite gli ha devastato entrambi i polmoni.
I familiari intanto chiedono chiarezza e si riservano di intraprendere azioni legali contro i medici che hanno preso in cura Candido: da parte loro vi sono dubbi sul perché il poliziotto non sia stato ricoverato subito il 27 luglio.
Ma altra fonte di polemica arriva dal Sap, il Sindacato autonomo di polizia, che tira in ballo le condizioni di lavoro precarie degli agenti: “ centro di accoglienza di Taranto – attacca Stefano Paoloni, segretario generale del Sap – ospita più di 300 immigrati, alcuni dei quali positivi al Covid: probabilmente sono state le pessime condizioni di lavoro a determinare l’accaduto”.
Più cauto invece Luca Capalbo, segretario provinciale della Federazione Sindacale di Polizia, sindacato che vedeva tra gli iscritti proprio Avezzù: “Impossibile dire con certezza se c’è una correlazione tra il lavoro a Taranto e la malattia. Per quanto ne sappiamo potrebbe essersi contagiato prima, sebbene proprio da quel viaggio anche un secondo agente di Padova sia tornato positivo al Covid. Ad ogni modo indagheremo per capire se c’è correlazione. Fosse così, sarebbe molto grave”.
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