Non riuscivo a credere ai miei occhi quando ho letto il decreto, firmato da tre ministri di sinistra di questo Governo, in cui testualmente si afferma : “Per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of Safety (porto sicuro)..per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera”.
La domanda che, di conseguenza, c’è da porsi è: quindi? Li facciamo morire in mare? Torniamo ai decreti sicurezza?
Vero è che non li abbiamo ancora davvero cancellati e forse questo è anche il motivo per cui i nostri ministri vogliono, in questo modo, evitare un nuovo caso Diciotti. Soluzione preventiva semplice: lavarsi le mani del problema, fingere che non esiste.

Ma i porti non si chiudono mai perché a nessuno e in nessun caso può essere negato il soccorso e la protezione dai rischi della navigazione. Qualunque uomo di mare lo sa, qualunque capitano di questo popolo di navigatori lo sapeva. Anche i giudici, quelli che hanno giudicato Carola Rackete, lo hanno sentenziato. Forti di questa convinzione l’abbiamo urlato a Salvini, quando ci siamo opposti ai suoi decreti disumani. E adesso? Anche i nostri ministri dichiarano: i porti non sono sicuri! Quindi sono chiusi. E con loro i nostri cuori.

Perché, conseguentemente, in virtù di questo assurdo ragionamento articolato nel decreto, è invece sicura la Libia, dove anche con la nostra connivenza di comodo, abbiamo pagato la guardia costiera per tenere chiusi nei lager migliaia di esseri umani? E adesso che poche centinaia di loro riescono a scappare dai lager libici, noi che facciamo? Li rispediamo indietro? Dobbiamo assistere impotenti all’ennesima tragedia che si sta consumando davanti ai nostri occhi? Nessuna emergenza sanitaria nel nostro Paese ci autorizza a dimenticare gli obblighi legali e morali nei confronti della vita umana. Non possiamo rivendicare solidarietà nei nostri confronti e voltarci dall’altra parte mentre persone innocenti che fuggono dalla fame, dalle guerre, dalle torture, rischiano di morire sotto i nostri occhi.

Oggi, come ieri, la salvaguardia dei diritti umani deve restare la barra della nostra azione politica. Ed anzi, a dirla tutta, è proprio l’estrema condizione di sofferenza in cui siamo precipitati che è chiamata ad interpellare le nostre coscienze – prima ancora che le nostre responsabilità istituzionali – e spingerci verso soluzioni dettate dall’umanità, da un sentimento di solidarietà e accoglienza. Insieme a decine tra parlamentari, eurodeputati e consiglieri regionali ho firmato due appelli per chiedere al Governo di revocare, senza più alcun indugio, il decreto. Chiudere i nostri attracchi, abbandonare al proprio destino centinaia di migranti in mezzo al mare non ci libererà dal Coronavirus: è un concetto semplice nella sua banalità ed è paradossale che non venga inteso dal Governo italiano.

Ed è per questo che con il nostro appello ci rivolgiamo direttamente al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Sia, in prima persona, il capo del Governo ad assumersi la responsabilità di soccorrere subito le persone in mare, adottando tutti i protocolli di sicurezza necessari per effettuare il salvataggio. C’è una questione di cornice e di fondo che merita di essere precisata, senza lasciarsi trascinare dall’emotività della pandemia in atto, anzi facendone tesoro. Assistere i più deboli e dare piena realizzazione al diritto alla vita, non sono opzioni negoziabili ma strade maestre da imboccare senza esitazione, sia che in ballo vi sia un’emergenza sanitaria, sia che a lanciare l’SOS siano dei migranti in mare.

Morire affogati a causa del Covid 19 o perché risucchiati dalle onde non deve, non può avere differenza. Ed è proprio su questa linea di confine che ci giochiamo la nostra esistenza. Ora abbiamo la possibilità di dimostrare che il dramma che stiamo vivendo, che i morti che stiamo piangendo nelle corsie dei nostri ospedali, che l’eroismo dei nostri operatori sanitari non ci lascia indifferenti ma ci trasmette un insegnamento profondo sul valore dell’essere umano. I medici non scelgono chi salvare, salvano tutti. E così i governi democratici.