Se non è Ruby è Graviano, ma in qualche modo gli aguzzini di Berlusconi si tengono in allenamento, in servizio permanente effettivo. Non si parla più di Ruby sui giornali, anche se proprio ieri c’è stata a Milano un’udienza del processo “ter”, quello in cui l’accusa dice che una serie di persone avrebbe detto il falso nel processo capostipite in cui Berlusconi è stato assolto, per difendere un innocente. Lo stesso in cui il leader di Forza Italia viene processato “per generosità”, come ha detto il suo avvocato Federico Cecconi, cioè per aver aiutato una serie di persone, soprattutto ragazze con ambizioni nel mondo dello spettacolo, che erano state danneggiate nel lavoro dalle inchieste giudiziarie. Una sorta di risarcimento morale ed economico per il danno subito a causa delle loro frequentazioni del presidente del Consiglio.

Questi processi sono ormai a pezzi, dopo l’assoluzione di uno dei due pianisti che suonavano nei dopocena e dopo l’ordinanza emessa dal tribunale di Milano su una grave anomalia procedurale che aveva privato 18 imputate del loro diritto di difesa nel momento in cui erano state interrogate sotto giuramento come testimoni. E in seguito era stato aperto nei loro confronti il processo per falsa testimonianza, oltre che corruzione in atti giudiziari. Ma, ragionano i loro difensori, se è caduto un reato, crollerà anche l’altro, secondo il principio “simul stabunt simul cadent”. Infatti il processo “Ruby ter” si trascina stancamente, e ieri è già partito il difensore di un’imputata, Barbara Faggioni, a chiedere il non doversi procedere per il reato di falsa testimonianza nei confronti della sua assistita. Difficile che il tribunale presieduto da Marco Tremolada (lo stesso del processo Eni) non accolga l’istanza dopo la propria delibera dello scorso 3 novembre. E a cascata sarà così per le altre 17 “olgettine”.

Sospiro di sollievo dunque per l’ex premier, nei giorni in cui il suo nome è sulla bocca di tutti non per le inchieste giudiziarie ma per la concreta possibilità di una sua candidatura al Quirinale? Mica tanto. Perché ci sono ancora in giro per l’Italia pubblici ministeri che se lo sognano anche di notte come il loro incubo permanente, Silvio Berlusconi. Uno di questi è Luca Tescaroli, procuratore aggiunto di Firenze che, in sintonia con il suo capo Giuseppe Creazzo, ancora insiste nell’ ipotesi di poter processare l’ex premier, insieme al suo amico Marcello Dell’Utri, come mandante di stragi. Piccola parentesi: nel mondo normale, quello lontano da magistrati e giornalisti, dove vivono medici e idraulici, non ho mai incontrato nessuno che credesse a un’ipotesi di questo genere. Chi non ama Berlusconi si spinge e considerarlo evasore o corruttore, ma nessuno lo crede un terrorista bombarolo. Pure, il dottor Tescaroli, che l’ha già inquisito un paio di volte quando si occupava di reati di mafia alla procura di Caltanissetta e che per due volte ha dovuto rinunciare chiedendone l’archiviazione, non demorde. È titolare dell’inchiesta sulle bombe del 1993 a Milano e Firenze e del 1994 a Roma. E ha per le mani alcune dichiarazioni a ruota libera di un soggetto già definito inattendibile da almeno un paio di sentenze e da diversi “pentiti” di mafia e che si chiama Giuseppe Graviano.

Va chiarito che questo boss, condannato per le stragi di Capaci e via D’Amelio oltre che per altri reati gravissimi, non è un collaboratore di giustizia e neanche, al contrario di suo fratello (e coimputato) Filippo, un “dissociato”. Non parla dei propri reati. Parla solo di Berlusconi. È molto attivo, scrive lettere alla ministra Cartabia, frequenta l’università, lascia intendere, benché sia in regime speciale previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, che potrebbe avere presto qualche permesso premio. E lascia cadere qua e là, a ogni occasione, allusioni a suoi presunti (molto presunti) rapporti con il Berlusconi imprenditore. Ogni volta che lui apre bocca, i pubblici ministeri di Firenze si precipitano. Senza prendere in considerazione una “stranezza”. Come mai questo mafioso così canterino poi ai processi si avvale della facoltà di non rispondere sul tema? Lo ha fatto al processo “trattativa” e lo ha fatto al processo Dell’Utri. Pure da almeno un anno fa girare questi pm come trottole, girandoseli su un dito a proprio piacimento. Sarà per questo che i magistrati ultimamente mandano avanti gli uomini della Dia. Possiamo dire che in due articoli (almeno due al giorno per sgambettare Berlusconi) del Fatto di ieri, gli investigatori non fanno proprio una brillante figura? Le indagini si stanno svolgendo sull’asse Palermo-Milano. In Sicilia perché là ci sono parenti e amici di Graviano. In Lombardia perché è la terra dove il boss di Brancaccio in tempi andati si sarebbe incontrato ben quattro volte con Berlusconi.

Supponiamo che la trasferta palermitana si sia conclusa con un buco nell’acqua. E del resto, che cosa si pensava di trovare, una foto di Berlusconi con una bomba in mano? Ma la cosa grottesca, ridicola, umiliante soprattutto per chi ha ritenuto che valesse un articolo di giornale, è la seguente “notizia”: “Perquisita la stanza segreta della moglie del super-boss”. Non c’è bisogno di essere lettori di thriller per immaginare almeno la presenza di un amante clandestino, se non di un cadavere, nella famosa stanza “segreta” della consorte di Graviano. Si apprende invece che si trattava di uno sgabuzzino di due metri quadri completamente vuoto. Vuoto. Gli uomini della Dia però ci informano che sperano di trovare, in prossime perquisizioni, qualche vuoto nei muri o nei pavimenti che contenga qualche documento rilevante. Auguri.

Ancora maggiori perplessità destano i sopralluoghi di Milano e dintorni. Qui ci sono, secondo l’altro ampio articolo di Marco Lillo “I pm a caccia della casa”. Quale casa? Ma quella in cui si incontravano Graviano e Berlusconi, no? L’appartamento sarebbe anche stato individuato, non proprio a Milano ma a Basiglio, dove negli anni Ottanta la società Edilnord aveva costruito il quartiere residenziale “Milano 3”. Ora è ovviamente abitato da qualcuno che, come è ovvio, non ha niente a che fare con i personaggi dell’inchiesta fiorentina. Giusto per chiarezza, lo stesso Lillo avanza molti dubbi, mette le mani avanti (come aveva già fatto in modo preveggente e astuto alla vigilia della sentenza “trattativa”), avvertendo che le parole di Graviano vanno “prese con le molle”. E allora?

E allora diciamolo chiaro, una volta di più. La magistratura, in particolare quella requirente, è al minimo storico nell’apprezzamento dell’opinione pubblica. Si processa Luca Palamara, con la fanfara ipocrita di quel sindacato di cui lui un giorno fu il capo, per cercare di sciacquare la melma dai propri abiti. Ma il Csm, il procuratore generale della Cassazione e la stessa ministra Cartabia non hanno proprio niente da dire su questo spreco di tempo e di denaro per farsi prendere in giro da un capomafia assassino, furbetto e scaltro? È questo il prezzo da pagare per lavare l’onta di una possibile elezione di Berlusconi alla Presidenza della Repubblica?

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.