Dopo aver di fatto consegnato l’Afghanistan ai talebani con gli accordi di Doha presi dall’allora amministrazione Trump nel febbraio 2020, gli Stati Uniti sono tornati a discutere formalmente col movimento islamico che domenica ha riconquistato Kabul.

Il direttore della Cia William Burns, secondo quanto riporta il Washington Post, ha incontrato lunedì scorso a Kabul il numero due dei talebani, il mullah Abdul Ghani Baradar. A riferirlo al quotidiano americano è stato un funzionario coinvolto nel dossier che ha parlato in forma anonima al giornale.

Un vertice di alto livello, come ovvio, quello più importante tra gli “studenti coronaci” e l’amministrazione democratica di Joe Biden dopo la caduta di Kabul. Un colloquio che avrebbe avuto al centro la possibilità di estendere oltre il 31 agosto la scadenza per portare a conclusione il ponte aereo, una richiesta arrivata a Biden dal premier britannico Boris Johnson che aveva trovato fortemente contrari gli stessi talebani.

Ma a ribadire la volontà statunitense di mantenere la scadenza della missione in in Afghanistan al 31 agosto è stato oggi il portavoce del Pentagono John Kirby, che ha ribadito come “la data possa essere rispettata“. “Penso che abbiamo le capacità per rispettare la data del 31 agosto. Sul fronte dell’evacuazione continuiamo a fare progressi, diverse migliaia di americani sono stati già evacuati e negli Usa metteremo più basi a disposizione dei rifugiati afghani”, ha detto Kirby in una conferenza stampa, mentre “l’obiettivo è portare via 20 mila persone entro la fine della settimana“.

I TALEBANI NEGANO L’AEROPORTO AGLI AFGHANI – Un ‘no’ ribadito oggi nella conferenza stampa tenuta dal portavoce del movimento, Zabihullah Mujahid. “Non prolungheremo la scadenza del 31 agosto” per il ritiro delle truppe Usa e Nato, ha spiegato ai giornalisti.

Ma un ulteriore ‘no’ è arrivato anche in direzione interna. I talebani hanno infatti sottolineato che non permetteranno più ai loro concittadini di raggiungere l’aeroporto di Kabul: “Le persone dovrebbero tornare a casa – ha detto Mujahid – Abbiamo chiesto agli americani di non incoraggiare gli afghani ad andarsene. Abbiamo bisogno delle loro competenze”.

Il portavoce Mujahid dall’altra parte ha tentato ancora una volta di mostrare il ‘volto moderato’ del movimento, in una abile operazione di propaganda in cui ha riferito che i talebani “non stanno inseguendo e dando la caccia a nessuno, nessun incidente, abbiamo annunciato l’amnistia e cerchiamo di portare pace e sicurezza”.

Quanto alla situazione delle donne, scomparse dalle strade e dai luoghi di lavoro, oltre a essere vittime di numerosi casi di violenze, Mujahid ha spiegato che in questo momento “non possono lavorare a Kabul perché manca la sicurezza, ma torneranno quando la situazione si sarà stabili”, mentre anche il ministero dell’Educazione ha ripreso il suo lavoro e le scuole “sono aperte agli studenti secondo le procedure ministeriali”.

DI MAIO PRENDE LE DISTANZE DA CONTE – In Italia invece il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, in audizione davanti alle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa di Camera e Senato, ha nuovamente preso le distanze dalle posizioni del suo ‘leader’ Giuseppe Conte. “Giudicheremo i talebani dalle azioni, non dalle parole. In alcune città stanno tornando decisioni inaccettabili, come i matrimoni forzati e l’istruzione negata alle ragazze”, ha chiarito infatti il responsabile della Farnesina, parole ben diverse da quelle dell’ex premier, di apertura ai talebani per il loro “atteggiamento abbastanza distensivo”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia