In un’intervista al Foglio la scorsa estate, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si espresse così su un incontro appena concluso con Mario Draghi: “È stato cordiale e proficuo, mi ha fatto un’ottima impressione”. L’ex presidente della Bce, colui che aveva portato l’eurozona fuori dalla crisi del 2012 con il bazooka e il quantitative easing, aveva fatto un’ottima impressione a Luigi Di Maio.

Continuando, poco più avanti nel colloquio apparso sul quotidiano diretto da Claudio Cerasa, il leader 5 stelle parlò anche dell’elogio ricevuto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel: “Mi si avvicinò per dirmi che aveva sentito parlar bene di me”. Un paio di scivoloni in piena regola, visto che pur essendo un ministro del governo italiano, si trovava a parlare con – e di – veri e propri mostri sacri della politica e della classe dirigenziale europea. “Uno vale uno” non vale se di fronte ti trovi qualcuno che alle spalle ha anni di governo proficuo, riforme che hanno salvato crisi e responsabilità dal peso enorme.

E all’epoca glielo fece notare anche don Pietro De Luca, parroco di Paola in provincia di Cosenza, che al termine della messa in Duomo si lasciò andare a una riflessione: “Luigi Di Maio è un povero figliolo”, disse. “Chi lo ha fatto arrivare fino lì – aggiunse in un filmato poi diffuso sui social –  gli ha fatto un grande danno, non gli vuole bene. Né a lui né al nostro Paese. Io me ne andrei dall’Italia se avessi l’età giusta perché è in mano a persone che non sanno quello che dicono”. Per sintetizzare il suo pensiero, Don Pietro lanciò in un esempio ai suoi fedeli: “È come se io incontrassi Papa Francesco e dicessi che mi ha fatto una buona impressione”.

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Napoletano, Giornalista praticante, nato nel ’95. Ha collaborato con Fanpage e Avvenire. Laureato in lingue, parla molto bene in inglese e molto male in tedesco. Un master in giornalismo alla Lumsa di Roma. Ex arbitro di calcio. Ossessionato dall'ordine. Appassionato in ordine sparso di politica, Lego, arte, calcio e Simpson.