Contro-correnti
Referendum Giustizia, Esposito: “Schlein ha gettato in mare il garantismo, il catastrofismo dell’Anm è il miglior alleato del sì”
Stefano Esposito va controcorrente: è tra i pochi a non aver sconfessato lo spirito riformista sulla giustizia. Già deputato e senatore del Pd, vittima di un calvario giudiziario, non dimentica il sostegno che il suo partito aveva dato alla separazione delle carriere. E infatti al referendum voterà sì. La voce fuori dal coro di un centrosinistra che ha smarrito la bussola garantista.
La separazione delle carriere sta per diventare realtà, basta l’ok degli italiani. Lei voterà sì?
«La separazione delle carriere deve essere il primo passo verso riforme che intervengono in modo puntuale sui limiti, oggettivi, del nostro sistema. Voterò sì in questa ottica: rompere un tabù che in questo Paese vede la magistratura come un soggetto non responsabilizzato rispetto al suo agire e che non risponde, quasi mai, dei suoi errori».
Invece Violante sostiene che la riforma «aumenta il potere dei pm concedendo loro un totale autogoverno»…
«Violante ha espresso un’opinione articolata sulla riforma, sul rischio che si costituisca una casta di pubblici ministeri con la polizia giudiziaria alle loro dipendenze. Mi permetto di far notare, sommessamente, che è già così oggi, che su questo versante il rischio più grande che si corre approvando la riforma è che non cambi nulla. Onestamente, non sono tra coloro che voteranno sì convinti che questa riforma curerà, come per magia, i mali della giustizia italiana, ma è inaccettabile continuare a sostenere che è meglio stare fermi e lasciare tutto così com’è».
Il Pd si era detto favorevole, ora vota contro: perché ha sconfessato sé stesso?
«Il Pd cambia linea in base alla segreteria che comanda. Conosco e stimo molti parlamentari che hanno sostenuto la necessità di separare le carriere non molti anni fa. Oggi sono scatenati, con i cartelli in Aula, contro. Purtroppo la coerenza non è merce apprezzata di questi tempi. Io trovo lunare che il Pd si sia ridotto sulla giustizia a fare da coro all’Anm e al Movimento 5 Stelle. Aver buttato a mare la cultura garantista, da un lato, sull’altare di una difesa acritica del sistema correntizio che governa la magistratura italiana, e dall’altro sulla strada di un’alleanza con i grillini, il peggio del populismo giustizialista, non credo che porterà i risultati che la segretaria e chi la consiglia immagina».
Cosa rimane dei riformisti?
«Non mi pare che sulla separazione delle carriere ci siano state distinzioni. Chi era favorevole o ha cambiato idea oppure ha scelto il silenzio votando come da indicazioni di partito. Si sono adeguati. Spiace, ma nell’attuale Pd non esiste una minoranza».
La sinistra ha lasciato una prateria al centrodestra, che ora si intesta questa battaglia di civiltà giuridica. È il prezzo che si paga per inseguire M5S e Avs?
«Il Pd si è acconciato ad essere coro di Conte e Fratoianni su questa riforma, ma non solo. Lasciare al centrodestra battaglie che sono state patrimonio della sinistra è ormai un dato consolidato nella gestione Schlein. Spero che il centrodestra abbia la maturità per gestire questo importante passaggio referendario senza guardare al passato, spiegando agli italiani che la separazione delle carriere non risolverà i problemi della giustizia, ma che questo è un passaggio fondamentale per restituire dignità alla magistratura e certezza del diritto».
Oggi invece, in moltissimi casi, è un calvario senza fine…
«I pm e la polizia giudiziaria, con l’avvio di un’indagine, sono in grado di distruggere la vita, per sempre, di cittadini e aziende. Non conta il processo, che arriva dopo anni: conta l’avviso di garanzia accompagnato dalla stampa compiacente, e la persona è finita. Questo tema non lo risolve la separazione, ma se la riforma venisse bocciata non ci sarebbe neanche la possibilità di provare a farlo».
La strategia del campo largo sembra chiara: «Italiani, votate in massa “no” e mandiamo a casa il governo Meloni». Funzionerà?
«Onestamente non mi sorprende: nel momento in cui decidi di allinearti all’Anm, non hai un’altra strada. Non puoi discutere nel merito perché gli argomenti sono scarsi, e quindi politicizzi sperando che si ripeta il risultato del 2016 che ha portato Renzi alle dimissioni. A naso, mi pare che Meloni abbia fatto tesoro di quell’esperienza. Dal mio piccolo osservatorio, registro un clima favorevole al sì».
Magari le opposizioni contano sull’animato e travolgente contributo dell’Anm…
«Guardi, l’Anm può essere il miglior alleato del sì. Le argomentazioni che usano contro questa riforma sono talmente catastrofiste che una campagna a favore della riforma che smonti, con pacatezza ed esempi reali, il loro storytelling sarà efficace. Deve passare un messaggio semplice: la riforma serve prima di tutto a dare ai cittadini un processo nel quale si sarà davvero giudicati da un giudice terzo e imparziale».
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