L'inadeguatezza della macchina giudiziaria
Referendum, il 12 giugno cinque Sì per una giustizia giusta
Che giustizia vuoi? È la domanda da farsi il prossimo 12 giugno entrando nell’urna per votare al referendum sulla giustizia. Le risposte sono lineari: se pensi che il custode dei tuoi diritti debba essere un giudice realmente terzo, indipendente e imparziale, e che la presunzione di innocenza non sia un simulacro da esaltare solo nei convegni, allora devi votare sì. Se invece credi che sia giusto sbilanciare il processo in favore dell’accusa, che il corporativismo, la politicizzazione e il carrierismo non siano gravi patologie per la magistratura, e che si possa sopperire all’inadeguatezza della macchina giudiziaria facendo ricorso a scorciatoie come automatismi e presunzioni nell’inflizione di misure che incidono sui diritti costituzionali, allora vota no. Però ricordati che, così facendo, stai propugnando una visione illiberale della giustizia, impregnata dalla cultura del sospetto.
Passerò in rassegna i quesiti per dare sostanza a queste affermazioni. Due di questi difendono i principi costituzionali del giusto processo e della presunzione di innocenza: quello sulla separazione delle carriere tra pm e giudici e quello contro gli abusi della carcerazione preventiva. Votare sì vuol dire accentuare il ruolo di parte del pm, come prevede la Costituzione. Non è poco, dato che il processo penale consiste nella soluzione di un conflitto di interesse tra accusa e difesa; perciò bisogna evitare ogni forma di preminenza – anche culturale – di una delle due parti sul giudice. Rischio oggi concreto, perché l’attuale disciplina consente quattro passaggi di funzione nel corso della carriera; inutile negare che il cambio di casacca da pm a giudice porta con sé una forma mentis da cui, anche inconsapevolmente, è difficile liberarsi. Il quesito sulla carcerazione preventiva è una battaglia di civiltà. La modifica non metterà a repentaglio la sicurezza pubblica; gli indiziati dei reati più gravi e pericolosi continueranno infatti a poter essere arrestati prima del processo.
L’obiettivo referendario è evitare che la misura cautelare venga disposta con troppa facilità, devastando la vita del malcapitato. Per rendersi conto delle dimensioni del problema, basta citare i dati diffusi dai promotori del referendum: un detenuto su tre è in custodia cautelare, e dal 1992 lo Stato ha speso quasi 795 milioni di euro per indennizzi da ingiusta detenzione. Gli altri tre quesiti non sono meno importanti. Incominciamo dal diritto di voto degli avvocati nei consigli giudiziari e dall’abrogazione della raccolta delle firme per le candidature al Csm. Gli obiettivi dei promotori sono contrastare autoreferenzialità e corporativismo nella magistratura, in favore del merito e dell’indipendenza dal correntismo. Il fatto che i quesiti siano sorpassati dalla riforma Cartabia non deve fare abbassare la soglia dell’attenzione. Prima di tutto perché manca il voto del Senato, e dubito che arriverà prima del referendum.
Il mancato raggiungimento del quorum, o la vittoria dei no, rinvigorirebbero le ambizioni di restaurazione; al contrario, una netta vittoria dei sì potrebbe agevolare la riforma e creare le condizioni per nuovi interventi di stampo liberale nella prossima legislatura. L’ultimo quesito riguarda il decreto Severino. Ne viene chiesta l’abrogazione perché contiene misure che limitano in modo automatico il diritto di elettorato passivo, per gli amministratori locali anche in presenza di una condanna provvisoria. Io voterò sì, perché credo che sia il giudice penale, all’esito di un processo fondato su prove giudiziarie e sulla regola di giudizio del ragionevole dubbio, l’unico soggetto che, in modo individualizzato come prevede la Costituzione, possa incidere sui diritti costituzionali, tra i quali rientra il principio della rappresentatività democratica. Non va inoltre dimenticato, come ha spiegato la Corte costituzionale ammettendo il quesito, che la vittoria del sì lascerebbe salve le sanzioni penali dell’interdizione perpetua e temporanea dai pubblici uffici.
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