Oggi la Direzione del Pd (QUI I ‘RISULTATI‘) deciderà cosa dire agli elettori in vista dei referendum del 12 giugno. Quelli sulla giustizia. Ci risulta che il Pd sia spaccato. Non tanto sulla possibilità di una scelta pienamente garantista, perché questa comunque è esclusa da tutti; ma sull’indicazione da dare su tre dei cinque referendum. La maggioranza del Pd è per cinque no. Per una ragione semplice: restare sulla scia dei Cinque Stelle e stringere con loro un patto sulla difesa del giustizialismo, visto che su altri temi – la guerra per esempio – la distanza politica tra i due partiti è piuttosto vasta.

Esiste però una minoranza, un pochino pochino più liberale, la quale vorrebbe che almeno sui primi tre referendum (quelli che riguardano la parzialissima divisione delle carriere dei magistrati, la valutazione delle toghe e il sistema di elezione del Csm) il Pd desse l’indicazione di votare sì. Per ragioni di principio, diciamo così. Con l’idea che talvolta i principi possano sopravanzare le ragioni delle alleanze. Quello sul quale sono tutti fermissimi è la necessità di compattarsi per evitare che siano abbattuti i due pilastri più robusti del giustizialismo: l’abuso della carcerazione preventiva (mille innocenti in galera ogni anno: tre al giorno) e la legge Severino (che considera colpevoli, e le punisce, persone condannate solo in primo grado e dunque innocenti di fronte al codice e alla Costituzione). Il Pd su questi due punti è granitico. Intaccare il diritto d’abuso da parte delle toghe, e difendere i diritti delle persone, viene considerato dal Pd un cedimento inaccettabile a una idea libertaria e anarchica della società.

Letta cosa farà? Farà prevalere lo spirito patibolista del suo partito (o farà prevalere le esigenze della alleanze con Conte e Bonafede), oppure si ricorderà da dove viene? Volete sapere da dove viene? Dalla corrente di sinistra, morotea, della Dc. Quella che faceva del garantismo l’architrave della sua costruzione politico-giudiziaria. Offro un modestissimo consiglio al capo del Pd: si rilegga il monumentale discorso pronunciato da Aldo Moro a difesa di un grande personaggio politico, Luigi Gui, accusato ingiustamente per lo scandalo Lockheed.

È uno dei più bei discorsi pronunciati in Parlamento nel dopoguerra. Un anno prima di essere trucidato dalle Br. A viso aperto. Contro tutto e tutti: i giornali, le Tv, il partito comunista, i radicali, i fascisti, persino contro Pasolini. E a difesa strenua e impavida dello Stato di diritto, che non è un pupazzetto da usare o dismettere a seconda delle convenienze politiche. Onorevole Letta, per favore, ripensi a Moro. Alla sua gioventù in quegli anni feroci. Lasci aperto uno spiraglio a chi crede nelle libertà e non crede alle manette.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.