Il voto politico del 4 marzo 2018 si è dissolto come neve al sole, è scomparso inglorioso dalla scena. Il bipolarismo sembra tornare in forma nuova, carico di problemi, a cominciare dall’assurdità della riforma proporzionale del sistema elettorale, un vero suicidio nel nuovo scenario. I 5 Stelle sono in dissoluzione, imbarazzante come mai prima diventa la rappresentatività di questo Parlamento. Certo, noto è il mantra, siamo una democrazia parlamentare, poco c’importa di ciò che avviene fuori di essa, ma si può immaginare che questo Parlamento elegga tra quasi due anni, e per sette, il presidente della Repubblica? Una democrazia parlamentare non può mettere alla gogna il Parlamento, né apparire al Paese come l’icona immarcescibile di un altro mondo. Insomma, c’è un punto dove questo rapporto, Parlamento-società, rischia di rompersi; sono realtà fatte, alla fine, di reciproche relazioni interne.

Dunque molto ribolle in una pentola dove il vecchio brodo si è avariato, per evitare che esca dalla pentola. Questo dice la realtà a prima vista, a botta caldissima, ma tutto appare bloccato proprio dalla contraddizione radicale tra questa indicazione che viene dalla realtà e la volontà-possibilità di accoglierla. Il groviglio italiano si disegna massimo, si pensi all’influenza del taglio dei parlamentari, che fu segno del disprezzo dei grillini per la democrazia rappresentativa, su tutto quello finora detto. Infatti al primo impatto del voto, si sente dire: il governo ormai è tranquillo, si rafforza, tutto bene, l’Emilia Romagna resta rossa, ma a me pare, a caldo, che proprio nel governo si affollino temi e problemi di difficilissima gestione.

Il Pd non avrà il tempo di gioire per aver respinto l’attacco micidiale di Salvini, di cui dirò tra poco, al risveglio si trova a un bivio di portata massima: o riprende tra le sua mani l’azione di governo, o rischia di essere grillizzato in assenza dei grillini dalla realtà dell’Italia. Ci sarà un esame di verità, sull’identità di un Pd che sembra tornare centrale. Diventerà l’erede dei grillismo, spingendo in avanti e rendendo evidenti le tracce ben visibili che di esso porta con sé, alla scomparsa del titolare di esse? O proverà un risveglio? Ma è possibile, o la nuova unità della sinistra che si delinea è destinata a immobilizzare il pantano italiano?

Io penso così, che questo sia probabile. Mi è già capitato di interpretare l’alleanza con i 5 Stelle come una cosa abbastanza interna ai cascami della vecchia sinistra, ma in presenza della dissoluzione dell’alleato bisogna essere attenti a ciò che avviene. Che cosa accadrà sulla giustizia? E sul giustizialismo messo a piene mani nelle distruttive riforme Bonafede, e sulla prescrizione, e sulla “brutale” riforma del processo (copyright Anm), e che cosa avverrà sulla concessioni? E che cosa sulla possibile e necessaria riforma del reddito? E che cosa sullo ius soli? E che cosa sui decreti sicurezza? E che cosa sulla politica estera ondivaga, incerta, in una Italia emarginata, alla quale Di Maio sta facendo fare, si fa per dire, la fine dei 5 Stelle? E Conte, il Presidente di tutti i consigli, questo nuovo faro della democrazia italiana, reggerà, una volta in crisi il suo ruolo di mediatore, nella sostanziale dissoluzione della realtà di una delle forze da mediare? O avverrà che l’immensa forza parlamentare oggi dei 5 stelle continuerà a guidare il gioco? Domande, domande, sospese per ora. Da vedere se il partito che oggi prevale avrà voglia, cultura, possibilità di porsele. Se il bipolarismo riprenderà forma, il segretario del Pd potrebbe spingere per il voto. Ma chi schioderà i parlamentari dal loro seggio?