Fino a ieri sera è stato rigoroso silenzio. Soprattutto via social. Considerata una certa bulimia, è già una notizia. La prova che il momento è serio. E va gestito come tale. Calenda & Renzi, Carlo & Matteo, in rigoroso ordine alfabetico. La logica suggerisce che debbano nuovamente unire le loro forze in nome di quella che il leader di Italia viva definisce “l’occasione straordinaria del terzo Polo”. Un ex sindaco illuminato di Milano come Albertini la butta là: “Ci vuole Azione per una Italia più viva”. Ha fatto girare un appello.
Al momento però non ci sono indizi in questa direzione. Intervistato ieri al Tg1 delle venti Carlo Calenda, dopo aver rispedito al mittente le accuse di Letta di “favorire Meloni e la destra”, ha spiegato che Azione sta raccogliendo le firme per presentare le liste. Ieri mattina è arrivato via mail l’appello agli attivisti e simpatizzanti di Azione: “Se sei un avvocato dacci una mano ad autenticare le firme”.
Tra i due leader almeno fino a ieri sera non risultavano contatti diretti. “Bisogna aspettare oggi o domani” è la previsione laconica che arriva dagli staff di uno e dell’altro. Calenda ha parlato al Tg1. Renzi a Zona Bianca su Rete 4 dove ha mostrato “prudente attesa”. “La rottura di Calenda – è la convinzione nelle file di Iv – rimuove definitivamente il tema del voto utile dal dibattito elettorale. Si creano quindi le condizioni per fare un buon risultato nel proporzionale”. Aspettare quindi che Azione si chiarisca le idee e “poi decideremo cosa fare” è la tesi dei dirigenti di IV che festeggiano l’arrivo di ben diecimila volontari per la campagna elettorale.
Il leader di Iv già domenica aveva twittato parlando di “opportunità straordinaria per il Terzo polo” alludendo all’accordo in essere tra Italia viva e la lista civica dei sindaci guidata da Pizzarotti (“abbiamo scelto Italia viva perchè non ci hanno lasciato grande libertà senza pensare a snaturarci”) e alla chiusura del cerchio che ci potrebbe essere se va in porto l’accordo anche e soprattutto con Azione. Tra i due c’era già stato un contatto importante sabato 30 luglio. Renzi avrebbe chiesto, in quella occasione, il rispetto della pari dignità per i suoi candidati. Il giorno dopo, il 31 luglio, il leader di Italia viva ha comunicato che comunque loro sarebbero andati da soli per costruire il Terzo polo. La firma dell’accordo Pd-Azione-+Europa è arrivata martedì, il 2 agosto. Delusione nelle file dei renziani, sfottò e rivendicazioni sui social, ma Italia viva è rimasta al suo posto: da soli, “liberi e coraggiosi”, senza compromessi. Renzi in quei giorni ha rifiutato anche con orgoglio il diritto di tribuna offerto dal segretario del Pd. Avrebbe voluto dire uccidere Italia viva.
Oltre il fattore logica, c’è anche un altro motivo per cui Calenda dovrebbe alla fine scegliere di correre insieme a Italia Viva: non ha la certezza di non dover raccogliere le firme per presentare le liste e infatti sta mobilitando le truppe per farlo. La federazione con +Europa aveva congelato e risolto il problema. La rottura del patto con il Pd e da ieri ufficialmente anche con Della Vedova e Bonino ha riportato in primo piano la questione. È un tema tecnico e controverso ma su cui nessun leader potrebbe rischiare.
Il punto è che la risposta può essere data solo dalle Corti d’Appello una volta depositato il simbolo il 22 agosto. A quel punto però, se la Corti daranno verdetto negativo, bocceranno cioè il simbolo, sarebbe troppo tardi per Calenda e gli iscritti ad Azione che non potrebbero più partecipare alla campagna elettorale e al voto.
È necessario leggere la legge “elettorale” modificata a maggio dal Parlamento. L’articolo 6-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione proprio da Magi (+Europa) e Ceccanti (Pd), prevede che “l’esonero dalla raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione delle candidature si applica anche ai partiti o ai gruppi politici che rispettano due condizioni: si sono costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle Camere al 31 dicembre 2021; hanno presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni per la Camera dei deputati (4 marzo 2018) o alle ultime elezioni europee (26 maggio 2019) in almeno due terzi delle circoscrizioni ed abbiano ottenuto almeno un seggio in ragione proporzionale”. Azione non ha avuto il gruppo Parlamentare prima del dicembre 2021 (cosa che hanno fatto Italia viva, + Europa, Noi con l’Italia e Centro democratico) e alle Europee del 2019, dove ha eletto Calenda appunto, ha corso con il simbolo di “Siamo Europei”. Calenda ha sempre spiegato in queste settimane di essere in regola e quindi autonomo con firme e simbolo. Ma non è così. Una larga fetta di tecnici prende il testo alla lettera dove la parola chiave è “contrassegno”. Il verdetto finale è nelle mani delle Corti d’Appello. Cioè dopo il 22 agosto. Un rischio decisamente troppo alto. Così come sembra improponibile l’ipotesi di raccogliere ben 36 mila in tutta Italia in circa dieci giorni.
Vedremo. È chiaro che questa incertezza deve essere risolta entro oggi. Al massimo.
Comunque vada si profila una corsa con quattro poli: centrodestra, centrosinistra a questo punto però molto sbilanciato a sinistra (e comunque vada a finire l’identità del Pd sarà il tempo del prossimo congresso), Terzo polo e 5 Stelle. L’offerta politica nuova è il Terzo polo. Proporlo diviso sarebbe, appunto, illogico.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.