Il personaggio
Ritratto di Roberto Speranza, il bravo ragazzo che non conta un accidente

Un disastro. Ma a Roberto Speranza, non è sfuggita la sottilissima paraculata del sor Conte – quello che ha vinto Palazzo Chigi al gratta e vinci – che quando ha capito che un giorno potrebbe essere chiamato a rispondere penalmente delle migliaia di morti ammazzati in combutta col serial killer Covid19, zitto-zitto e lillo-lillo ha fatto inserire nel decreto Cura-Italia, un suo Salva-Conte pigiato in due piccoli commi in un sub-emendamento con cui salvare gli ufficiali dalla corte marziale, quando arriverà la resa dei Conti. Il comma diceva al punto 3 che «è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave la responsabilità civile, penale e amministrativo-contabile dei titolari di organi di indirizzo o di gestione che, nel corso dell’emergenza sanitaria in atto, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, anche normative o amministrative, abbiano adottato ordinanze, direttive, circolari, raccomandazioni, pareri, atti o provvedimenti comunque denominati, la cui concreta attuazione, da parte delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, dagli esercenti le professioni sanitarie…» e seguono tutti i salvacondottati. Il povero Speranza ne ha colpa? Forse no, ma che ne sappiamo?
Non si sa nulla di lui salvo che, come si legge nell’articolo del nostro direttore su questo stesso giornale, il jolly good fellow Roberto Speranza ha dichiarato l’Italia porto non sicuro per le navi che trasportano i ripescati in mare, che manco Salvini. Come si vede, il ministro della Sanità è in un grande pasticcio ricco di spezie piccanti che tentano di camuffare la natura verminosa del pasticcio stesso. Il governo di cui Roberto Speranza è ministro ha adottato, per fronteggiare il virus Covid-19 nato in Cina, con la cura cinese detta lockdown (tutti a casa) applicata – come dicono i tecnici – a cazzo di cane, ovvero tardi, male, ma più che altro – come nella rotta di Caporetto e dell’Otto Settembre – senza ufficiali di comando capaci di dare direttive svelte, chiare, operative e sicure.
Il governo si è ficcato in una rissa con le Regioni, in particolare col governatore leghista della Lombardia Fontana, azzuffandosi prima sulle mascherine e poi con gli scheletri dei morti ammazzati nel pio ricovero per vecchi Trivulzio, lasciato senza direttive, strumenti, ordini e oggi col tentativo di incaricare un vetusto e onorato magistrato come Colombo, di mettere dentro tutti, possibilmente i nemici politici, usando strumenti giudiziari manettari e fuori contesto perché esclusi dal salva-Conte che alla fine dei conti dà molta speranza a Roberto Speranza, sempre più trasognato.
In fondo, il jolly good fellow si è fatto le ossa in politica giocando da terzino contro Renzi, passando con Bersani il cui motto era “se dico che ho una spina nel fianco, non per questo potete usarlo per caricare il cellulare”. Speranza ha fatto carriera per meriti nella guerra civile interna al Pd, quando la sinistra aspettava Renzi alle Idi del referendum per farlo fuori, defezionare, passare a Leu, fare maretta, fare ammuina, giocare di sponda e di rimpallo sull’intransigenza e in particolare ostacolare la legge di riforma anche elettorale di Renzi, il quale infatti si andò a rompere le corna cadendo da cavallo e oggi guida una guerriglia che, pur facendo chiasso, non riesce a ruspare nei sondaggi più del 3 per cento, il minimo della sopravvivenza.
Speranza è sempre lì: con la storia che gli passa davanti con le sue tragedie e le sue miserie e non sa che fare: diventa livido perché il Conte gli mangia le orecchiette sulla testa e il suo candore – di Speranza, intendiamo – ci ricorda un personaggio dell’antico Corriere dei Piccoli di due generazioni fa, le figure con didascalie a a rime baciate, in cui il Sor Pampurio precipitava dal grattacielo mormorando con una punta di perplessità: “Se non sbaglio, la mia vita è a repentaglio”.
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