Raffaele Cantone ha deciso di imprimere un’accelerazione alle indagini sulla fuga di notizie avvenuta nei giorni scorsi sulla richiesta di archiviazione, quasi 180 pagine, del procedimento sulla Loggia Ungheria. Dopo aver iscritto a tempo di record il cancelliere Raffaele Guadagno, accusato di aver passato l’atto riservato al Corriere e a Repubblica, e prima ancora al Fatto Quotidiano, il numero uno della Procura del capoluogo umbro si è recato giovedì scorso a Roma per interrogare in gran segreto presso gli uffici del comando provinciale dei carabinieri l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, persona danneggiata dalla fuga di notizie. Guadagno, stando a quanto reso noto da Cantone, si sarebbe introdotto senza averne titolo all’interno del sistema informatico della Procura di Perugia, scaricando alcuni documenti, tra i quali appunto quelli relativi all’archiviazione del fascicolo sulla Loggia Ungheria che conteneva anche una nuova indagine per corruzione nei confronti Palamara.

I destinatari delle informazioni, coperte dal massimo riserbo, erano stati gli stessi quotidiani, i quali per l’occasione hanno pubblicato articoli ‘fotocopia’, che nel maggio del 2019 fecero lo scoop sul Palamaragate, riportando in tempo reale e a indagini in corso le trascrizioni dei colloqui registrati con il trojan inserito nel cellulare di Palamara. “Un fatto gravissimo”, aveva detto immediatamente Cantone, procedendo subito all’individuazione della ‘talpa’, a differenza di quanto accaduto nel 2019. In quell’anno, infatti, la Procura del capoluogo umbro, all’epoca guidata dal procuratore Luigi De Ficchy, prossimo alla pensione per raggiunti limiti di età, non fece nulla per scoprire chi fosse stato il ‘postino’ che consegnò gli atti ai giornali, utilizzati, secondo Palamara, per bloccare la nomina di Marcello Viola alla Procura di Roma e stroncare Magistratura indipendente, la corrente di destra, fino a quel momento maggioranza a Palazzo dei Marescialli. Guadagno, prima della fuga di notizie dell’altra settimana, avrebbe tentato un approccio con i legali di Palamara per fornirgli le prove di un complotto a suo danno.

Si trattava, nello specifico, di informazioni particolarmente importanti, come la richiesta di astensione avanzata dalla pm Gemma Miliani, che insieme a Mario Formisano, sta rappresentando l’accusa nel processo per corruzione a carico di Palamara, e respinta da De Ficchy, e l’esistenza di una trascrizione della famosa cena del maggio del 2019 presso il ristorante Mamma Angelina ai Parioli tra l’ex capo dell’Anm e il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Trascrizione che è stata negata dai pm che hanno sempre respinto quanto affermato in senso contrario dai consulenti della difesa di Palamara che, a tal riguardo, aveva depositato una relazione da cui emergeva che il trojan fosse stato in funzione durante tutta la serata. Se fosse vero che questa trascrizione, sempre negata, è realmente esistita, nei confronti dei pm umbri sarebbe difficile non aprire una indagine. E certamente non potrebbe essere, per ovvi motivi, la stessa Procura di Perugia ad effettuarla. Se, di contro, Guadagno si fosse inventato tutto, allora i pm umbri sarebbero persone “offese” in quanto oggetto di una gravissima calunnia. Ed anche in questo caso non potrebbe essere Perugia ma Firenze, secondo le regole sulla competenza, a svolgere gli accertamenti.

Come mai, invece, sta procedendo Cantone? E soprattutto, cosa sta facendo la Procura di Firenze dove dal 2020 è pendente una denuncia di Palamara proprio a proposito delle fughe di notizie che hanno contraddistinto l’indagine nei suoi confronti? Cosa è stato fatto in questi anni dal procuratore Luca Turco, attuale facente funzioni dopo il trasferimento di Giuseppe Creazzo, titolare del dossier? La vicenda ha tutti i connotati di una spy story dal finale imprevedibile. L’unico elemento certo, ad oggi, è il canale privilegiato che alcuni giornalisti, sempre gli stessi, hanno avuto (ed hanno) con personale giudiziario e delle forze di polizia allo scopo di destabilizzare l’organo di autogoverno delle toghe. Come accaduto nel 2019. Tornando alla testimonianza di Palamara, “il nostro assistito ha chiarito ogni aspetto della vicenda”, è stato il commento ieri dei suoi difensori, gli avvocati Benedetto Mazzocchi Buratti e Roberto Rampioni. “I temi affrontati – hanno aggiunto – sono noti a livello processuale atteso che sulle anomalie del trojan stanno indagando le Procure di Napoli e Firenze”.