È stato uno dei massimi ricercati d’Italia, secondo soltanto a Matteo Messina Denaro. Rocco Morabito, 55 anni, è stato estradato in Italia dal Brasile dove era stato arrestato il 25 maggio 2021. Nella notte il suo arrivo all’aeroporto di Ciampino. Deve scontare una pena definitiva a 30 anni di reclusione per reati in materia di stupefacenti.

Morabito fu arrestato dalla polizia federale brasiliana, nel corso di un’operazione congiunta con i Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Reggio Calabria, supportati dal Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia – progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘ndrangheta) e dalle agenzie statunitensi Dea e Fbi. Le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri.
Le procedure di estradizione, che sembravano essersi arenate a causa di un procedimento penale aperto dalla Magistratura di San Paolo nei confronti di Morabito, è stata resa possibile grazie all’intensa attività di raccordo tra l’Ambasciata d’Italia in Brasile, il Progetto I-Can e le Autorità brasiliane. Il Progetto I-Can, promosso e finanziato dall’Italia attraverso Interpol, ha costituito una rete di 13 Paesi in tutto il mondo per il contrasto alla minaccia globale costituita dalla ‘ndrangheta.

Morabito, arrestato in forza di un provvedimento restrittivo della Procura Generale di Reggio Calabria diretta da Gerardo Dominijanni, deve scontare una pena definitiva a 30 anni di reclusione per reati in materia di stupefacenti. L’interessato, considerato uno dei massimi broker del narcotraffico internazionale, era inserito nella lista dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del “programma speciale di ricerca” del Ministero dell’Interno. Legato da vincoli di parentela con il noto esponente di vertice della ‘ndrangheta Giuseppe Tiradritto Morabito, è stato al centro di una complessa vicenda investigativa: arrestato in Uruguay nel settembre 2017 dal Ros dopo 23 anni di latitanza, il 24 giugno 2019 era riuscito ad evadere da un penitenziario di Montevideo, quando era in attesa di estradizione verso l’Italia. Da quel momento se ne erano perse le tracce. In Italia è stato ripetutamente condannato per oltre 100 anni di carcere in totale per traffico internazionale di droga.

Prima dell’arresto il boss della ‘Ndrangheta era considerato il latitante italiano più pericoloso dopo Matteo Messina Denaro, il capo della mafia siciliana. Ha 55 anni, 25 dei quali vissuti da fuggitivo. Era stato già arrestato nel 2017 in Uruguay, dove però era riuscito a evadere dal carcere Central di Montevideo dov’era detenuto nel 2019. L’arresto in Brasile proprio un anno fa in un’operazione dei carabinieri del Ros. I carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale lo avevano rintracciato a Joao Pessoa, zona est del Brasile, insieme a un altro narcotrafficante, Vincenzo Pasquino, torinese, anche lui latitante. Rocco Morabito era considerato il numero uno tra i broker che gestiscono il traffico di cocaina con i cartelli del Sudamerica. Alla sua cattura avevano collaborato anche Fbi e Dea.

Morabito è originario di Africo, in provincia di Reggio Calabria, soprannominato “Il Tamunga” per via del grosso fuoristrada Dkw Munga, considerato pressoché indistruttibile, con cui scorrazzava per la Locride. Ha studiato all’Università di Messina e nel 1988, quando aveva 22 anni, era stato arrestato per minacce rivolte a uno dei suoi professori universitari. Nell’89 suo fratello Leo Morabito è stato ucciso in un agguato mafioso e l’anno successivo anche Rocco è stato ferito in un altro agguato. A Milano, a 25 anni, aveva iniziato a costruire il suo impero fondato sul traffico della coca. Nel capoluogo lombardo si divideva fra traffici e la bella vita nei locali.

Prima di diventare latitante, assieme ad altri affiliati, Rocco Morabito era stato visto a Baia Domizia di Sessa Aurunca, all’interno dell’abitazione di Alberto Beneduce, boss e narcotrafficante camorrista conosciuto con il soprannome di “A’ cocaina” e trovato qualche settimana dopo carbonizzato nel bagagliaio di un’auto. In Sudamerica era fuggito con la falsa identità di Francisco Antonio Capeletto Souza, imprenditore brasiliano d’origine. Aveva messo su una redditizia attività di import-export e una coltivazione intensiva di soia. Quando era stato arrestato in Uruguay, viveva in una villa con piscina, una Mercedes, 13 cellulari, 12 carte di credito e un passaporto brasiliano. Anche in quel caso l’estradizione era stata autorizzata. A poche settimane dal trasferimento in Italia evase dalla terrazza del carcere. Secondo quanto scoperto dall’operazione Magma in quella fuga era stato aiutato da esponenti della ‘ndrina Bellocco residenti tra Buenos Aires e Montevideo.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.