Per quanto a noi europei possa sembrare incredibile, nel partito repubblicano americano è scoppiata la contesa fra due politiche opposte, quella del rampante governatore della Florida Ron DeSantis e quella del nemico pubblico numero uno, Donald Trump, che si sono presentate entrambe con una forte impronta sociale per non dire “di sinistra”. Il famoso columnist David Leonhardt ha sarcasticamente notato sul New York Times che se Ronald Reagan, il più famoso presidente repubblicano delle liberalizzazioni e della cacciata dello Stato sociale dell’economia tornasse in vita, non riconoscerebbe più il Grand Old Party che lui portò alla vittoria con la spada sguainata in nome della liberalizzazione e deregulation, ispirate al “laissez faire” della scuola economica francese. Tutto è cambiato: emergono i primi due contendenti certi per la corsa alla Casa Bianca e già si rinfacciano scarsa sensibilità per la medicina sociale e l’aiuto ai poveri.

DeSantis ha annunciato ufficialmente che correrà nel 2024 per la Casa Bianca con una breve dichiarazione affidata a Twitter in cui dice: “Ho deciso di presentarmi come candidato alla Casa Bianca per guidare il grande ritorno dell’America”. La prima reazione generale è stata di sollievo perché Ron aveva ottenuto il suo paese col fiato sospeso tanto da farsi staffilare dal direttore della National Review, Rich Lowry, il quale aveva scritto due giorni fa che “di questo passo, quando Ron annuncerà la sua candidatura, quella sarà già morta”. Il giovane e rampante governatore della Florida si è gettato nella mischia e la domanda successiva che compare su tutti i giornali di orientamento repubblicano è: “Sarà DeSantis in grado di tenere realmente testa a Trump o è soltanto una tigre di carta?”.

Una prima risposta a questo interrogativo è venuta durante la grande cena per la prima raccolta di fondi al Four Seasons di Miami, con tutto lo sfarzo decorativo e scenografico che la tradizione impone a un evento del genere. Ma proprio sullo sforzo e la selezione elitaria degli invitati “The Donald” (come ancora lo chiama sua moglie slovena) ha deriso DeSantis proprio per lo sfoggio di ricchezza e il carattere elitario di una riunione aperta soltanto a contribuenti di alto rango. Trump, incredibile ma vero, lo ha attaccato, diremmo noi, da sinistra, per avere sostenuto in Congresso le leggi repubblicane che miravano a ridimensionare il Medicare e la Social security e tutti i programmi di medicina sociale voluta da Obama. L’attesa diretta su Twitter Spaces di De Santis, ospitato da Elon Musk, è stata un flop a causa di disservizi della piattaforma. Trump ha attaccato De Santis, mal sopportando l’endorsement di Musk all’avversario, anche usando le disavventure di Elon con il razzo SpaceX e tirando fuori dai magazzini persino un video che accosta il Governatore a Soros e Hitler.

DeSantis non si è fatto sorprendere perché ha detto di essere a favore della riduzione dei prezzi di farmaci e ospedali e si è scagliato contro il Presidente Joe Biden, il quale ha vietato l’importazione dal Canada di medicinali a basso costo. La questione del Canada è una di quelle più controverse: il confinante stato di lingua inglese è stato sempre additato al disprezzo dai liberisti americani perché trattato come un Paese europeo dominato da uno Stato che limitando la piena libertà economica, limita necessariamente anche tutte le altre libertà.

Almeno, questa era stata l’opinione di Ronald Reagan. Una opinione che corrisponde a un sentimento antico degli Stati Uniti analogo a quello che francesi hanno nutrito per la Vandea, la regione in cui si concentrarono i monarchici che resistevano alla Rivoluzione. Il Canada per lo stesso motivo fu il paese che ospitò i traditori della rivoluzione americana. E l’inno nazionale The Star-Spangled Banner è ispirato alla tragica guerra in cui gli Usa tentarono di impossessarsi del Canada, respinti da dalla Royal Navy che bombardò Washington. Ed ecco che anche su questo aspetto ideologico le cose cambiano: Ron DeSantis attacca la Casa Bianca per aver chiuso la frontiera ai farmaci a basso prezzo provenienti dal Canada governato secondo criteri sociali.

Il Partito repubblicano, fin dall’emergere di Trump si è spaccato in due tronconi entrambi a forte connotazione popolare, ostili ai privilegi dei super ricchi e con un occhio agli immigrati legali in quale minacciati nella loro sicurezza sociale dagli immigrati illegali. Trump li rassicurò e ottenne il più alto tasso di elettori di origine latina e anche di afroamericani poveri che grazie alla drastica riduzione delle tasse ebbero i benefici di una altissima occupazione i cui effetti cessarono con l’arrivo della pandemia che Trump cercò ridicolmente di esorcizzare deridendo il nome del Corona-virus, ripetendo che secondo cui il nome Corona spetta solo a una marca di buoni sigari.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.