La Magistratura francese ha negato l’estradizione, che era stata chiesta dal governo italiano, di un gruppo di ex militanti della lotta armata e anche di uno degli ex leader di Lotta Continua, Giorgio Pietrostefani. La motivazione è molto chiara. Perché nei confronti degli imputati non sono stati rispettati gli articoli 1 e 6 della convenzione europea. L’articolo 6 è quello che garantisce i diritti alla vita privata. Non è il più importante, anche se – come chiunque capisce – è l’affermazione di un principio generale di grande civiltà. Ma l’articolo 1 e la dichiarazione che l’Italia lo ha violato è il fatto veramente clamoroso. L’articolo 1 è quello che sancisce il diritto al giusto processo.

La Corte francese chiamata a giudicare, esaminati i fatti e le carte, ha stabilito che il giusto processo in Italia non era stato celebrato. Per nessuno degli ex ragazzi per i quali è stata chiesta l’estradizione. Che pure appartenevano a gruppi politici diversi ed erano accusati di diversi reati. Solo processi sommari. Capite cosa vuol dire? Che le massime autorità giudiziarie francesi ritengono che, in quegli anni, i processi, in Italia, non furono giusti processi. le condanne erano praticamente scontate e si basavano quasi esclusivamente sui pentiti e sulle loro dichiarazioni e chiamate di correo. Senza prove, senza riscontri, senza contraddittorio.

In realtà fu esattamente così. E la decisione della Corte francese che riguarda Pietrostefani forse è la più clamorosa, perché si riferisce al processo più recente, quello contro Sofri, lo stesso Pietrostefani e Bompressi, condannati senza prove a circa vent’anni di prigione per l’uccisione del commissario Calabresi. Sofri ha scontato la pena e si è sempre dichiarato innocente. I francesi confermano quello che in Italia è stato sostenuto da una pattuglia non piccolissima di intellettuali e politici di destra e di sinistra. Processo ingiusto. Il problema resterà sulla carta? Come si può risolvere una questione così grande per l’onore della magistratura italiana. Forse solo con l’amnistia.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.