Il dibattito sul futuro del Mezzogiorno
Stop a burocrazia e criminalità, così il Meridione rinasce
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La storia diventa davvero maestra di vita in questo caso. Ricordiamo quello che ha rappresentato per la Campania il terremoto del novembre 1980, i 56.000 miliardi di lire (pari a circa 29 miliardi di euro odierni) piovuti come manna dal cielo e intercettati dalle avide mani di imprese e cooperative legate ai clan camorristici locali. E si può ricordare la vicenda complessa della Piana di Gioia Tauro, oggetto di grandi progetti come la costruzione, mai realizzata, del quinto centro siderurgico, che doveva portare lavoro e benessere dove c’era miseria, e che la ‘ndrangheta ha utilizzato per fare il suo salto di qualità da organizzazione brigantesca a holding finanziaria internazionale.
O ancora ricordiamo le promesse fatte sul porto di Gioia Tauro, che doveva diventare il centro marittimo del Mediterraneo e che ora è di fatto uno dei principali centri di smistamento della coca sudamericana. Ricordiamo ancora gli investimenti per l’Alta Velocità ferroviaria intercettati dalla mafia casalese. E non occorre davvero ricordare quanto abbia pesato nella crescita della mafia corleonese, il vasto piano di lavori pubblici, ormai noto come “sacco di Palermo”, favorendo quel complesso intreccio tra attività edilizia, connivenze politiche e criminalità organizzata che formò per tre decenni l’asse del potere in Sicilia.
Per una terra inaridita come quella del Mezzogiorno, la pioggia benefica della spesa pubblica è necessaria, ma non deve alimentare le zolle di malaffare. In questi tempi di vacche magre, il crimine organizzato ha saputo intercettare anche gli scarni flussi di spesa pubblica, lo evidenziano varie inchieste giudiziarie, e ha affinato la sua capacità di penetrazione nel tessuto economico legale, e non solo in Italia. Le menti raffinatissime di cui parlava il giudice Falcone, hanno sviluppato indubbie capacità imprenditoriali, agendo sui mercati illegali e reinvestendo i proventi su quelli legali, favoriti in questo dalla deregolamentazione dei mercati finanziari mondiali. Ciò che fu il piano di capitalismo criminale delineato da Michele Sindona negli anni Sessanta, oggi apparirebbe come una timida e dilettantesca operazione.
Chi vuole il rilancio del Mezzogiorno deve essere consapevole che il denaro da solo non basta, ma che occorre innanzitutto aprire gli spazi di democrazia, di trasparenza e di controllo civico. Non certo ingessando le procedure con inutili e farraginosi passaggi burocratici che, come si è visto, alimentano la corruzione più che ridurla, ma stabilendo meccanismi trasparenti di allocazione della spesa pubblica e monitorando i vari passaggi di realizzazione dei progetti. La necessaria modernizzazione del Sud non deve tradursi in un’altra occasione per rafforzare assetti sociali ingiusti e antiche forme di dominio, ma deve essere il volano per avviare finalmente la soluzione della questione meridionale. Se si perdesse questa occasione perderebbe tutto il Paese, non solo il Mezzogiorno.
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