C’è un ministro un po’ in ombra. E c’è una leadership in crescita nel centrodestra. In quei confronti che spesso sembrano algidi ma in realtà pieni di indizi che sono le riunioni del Consiglio dei ministri, mercoledì sono stati notati movimenti nuovi. Comunque divenuti espliciti. Il ministro finito un po’ “nell’ombra” – così viene definito e non da fonti di governo leghiste (in questo caso non farebbe notizia) – è la titolare dell’Interno Luciana Lamorgese.

La leadership emergente è quella del governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga che ha “convinto” il proprio segretario Salvini che va tentato di tutto e di più per salvare il Natale ed evitare nuovi lockdown già scattati in Alto Adige dove c’è chi ha pensato di organizzare i Covid party per infettarsi ed avere poi il green pass. Non solo: Fedriga, che è presidente della Conferenza Stato-Regioni, ha guidato negli ultimi dieci giorni la nuova stretta. L’ha voluta. E l’ha cercata. Tutti i governatori l’hanno seguito. In barba a Salvini, Meloni e ai loro distinguo per cui ogni volta c’è un “ma” e un “però”. Un’assunzione di responsabilità e un’autonomia che stanno piacendo molto anche in Forza Italia. Per quattro volte, nella riunione di mercoledì, il premier Draghi ha tenuto il punto con il ministro che sul tema «maggiori controlli sui green pass» ha replicato: «Non si può fare, abbiamo pochi uomini e mezzi». Il premier non ha sentito ragioni. E pur sempre nello stile british è stato, raccontano fonti di governo, pragmatico come non mai: «I controlli vanno fatti e le risorse vanno trovate. Non pretendiamo controlli a tappeto, saranno a campione ma ci dovranno essere più controlli e si devono vedere». Per quattro volte, appunto, la ministra ha provato a replicare ed argomentare. Senza successo.

Ora la questione, assai scottante, è come fare. «Torneranno i turni di servizio come ai tempi del primo lockdown, massimo coinvolgimento di tutte le risorse disponibili, dai vigili urbani a polizia, carabinieri, guardia di finanza e tutti i pubblici ufficiali in grado di fare il controllo» semplifica una fonte di governo. Il decreto, in vigore dal 6 dicembre, prevede che entro cinque giorni i prefetti convochino i rispettivi Comitati provinciali dove sindaci e questori faranno il punto sulle risorse disponibili e utilizzabili, compresi coloro destinati a funzioni amministrative che saranno rimessi in strada per eseguire i controlli. Su bus e metro saranno, ovviamente, a campione, alle varie fermate. Si attende nelle prossime ore la circolare del ministro. Al Viminale si parla di “sistema integrato” che avrà come pilastri uomini e donne in divisa con cui però dovrà operare anche personale messo a disposizione dalle varie società che gestiscono il trasporto locale. Adeguare i lettori ottici dei tornelli delle metro a verificare anche i Green pass sarebbe la cosa più semplice. Ma l’adeguamento richiede tempo e certo non bastano cinque giorni.

Se i controlli sono una faccenda tecnicamente complicata, lo è altrettanto, sotto il profilo politico, la costruzione della leadership di Fedriga. Mario Draghi lo ha citato, ringraziandolo, due volte in conferenza stampa. E non è stato un caso. La verità, al di là delle ricostruzioni della prima ora, è che questa volta, dopo mesi, non sarebbe corretto dire che “ha vinto Draghi”. Perché in realtà sono state le regioni e i loro presidenti fin dall’inizio a condurre il governo verso il Super green pass e l’esclusione di chi non è vaccinato da quasi tutte le attività ludiche e legate al tempo libero. Tutti, tranne i due governatori di Fratelli d’Italia (Marche e Abruzzo). «Tutti i governatori hanno spinto in questa direzione, compresi quelli della Lega», ha spiegato Giovanni Toti, presidente della Liguria e leader di Coraggio Italia. «I colleghi Zaia, Fontana e Fedriga erano tutti molto allineati su queste posizioni e nessuno ha mai avuto dubbi che la norma passasse all’unanimità».

I resoconti del Consiglio dei ministri hanno invece raccontato dei dubbi dei ministri della Lega, il rischio che Giorgetti (capodelegazione) non si presentasse o che votassero contro. «Ma questa – si spiega – è la messa in scena necessaria per dare uno scudo a Salvini che la mattina aveva voluto incontrare ministri e governatori e aveva promesso che non ci sarebbero state nuove limitazioni». Anche il presunto battibecco Giorgetti-Gelmini sarebbe stato una messa in scena. «In Conferenza Stato-regioni i Presidenti sono tutti d’accordo col Green pass rafforzato» aveva sottolineato la ministra di Forza Italia. «Falso» le ha replicato Giorgetti. «In Conferenza ci sono io e so cosa è stato detto». Insomma, per farla breve, un po’ tutti hanno recitato una parte per rendere meno clamorosa l’ennesima smentita della linea del segretario. La prova che le chiacchiere, come si dice, stanno a zero è che ieri Fedriga, visti i dati della sua regione (le ospedalizzazioni e non i contagi) ha lavorato per far partire le restrizioni del supergreen pass da lunedì 29 e non dal lunedì dopo quando il decreto entrerà in vigore e il Friuli diventerà giallo. Fedriga gioca in anticipo. Alla faccia delle presunte “perplessità” su quando far scattare la misura, in zona gialla o subito, anche in “bianca”. Con buona pace di Salvini. Che però ieri ha pensato – correttamente – di evitare di buttare sale sulle ferite e ha concentrato la sua attività politica su altri temi. Sulla tasche degli italiani.

Le dichiarazioni di giornata hanno riguardato la legge di bilancio e il taglio delle tasse su cui è stato trovato l’accordo. «Dopo il taglio delle tasse – ha detto Salvini – adesso è urgente abbassare i prezzi delle bollette di luce e gas risparmiando sugli sprechi del Reddito di cittadinanza». Il ministro Franco ieri ha trovato l’accordo con tutta la maggioranza su come investire gli 8 miliardi destinati al taglio delle tasse (taglio Irpef, gli scaglioni passano da cinque a quattro, e taglio Irap). Ma è anche vero che ieri il costo dell’energia elettrica in Italia ha toccato livelli record.
Il problema adesso – e Draghi lo ha ben presente – è la tenuta sociale. «La compattezza delle forze politiche è necessaria – ha detto – per non offrire sponde politiche a chi vuole usare questa questione per dividere e creare disordini». Da questo punto di vista non sono una buona notizia le minacce apparse sui muri in città a Osoppo (Friuli) accompagnate dalla stella a cinque punte.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.