Nel momento in cui il Riformista è andato in stampa, la seduta del Consiglio comunale di Napoli dedicata all’approvazione del bilancio di previsione era ancora in corso: una discussione interminabile che ha devastato i cittadini che l’hanno seguita attraverso i social e sulla quale si possono svolgere alcune riflessioni a prescindere dall’esito del voto. Partiamo da Luigi de Magistris. Nulla, nemmeno un voto favorevole sul bilancio ottenuto con l’aiuto di alcuni settori dell’opposizione, può salvare il sindaco dal totale fallimento della sua esperienza politico-amministrativa: un flop evidente nei fatti ma conclamato anche dai sondaggi che certificano il vertiginoso calo di popolarità di Dema e il giudizio negativo che i napoletani riservano anche alla sua gestione dell’emergenza-Covid.

De Magistris, dunque, è un “morto che cammina”: può anche scongiurare i voti sfavorevoli e magari la conseguente onta del commissariamento, ma non potrà certo salvarsi dal giudizio impietoso della storia che lo collocherà tra i peggiori amministratori che l’Italia e la Campania abbiano mai avuto. Un disavanzo di bilancio di quasi due miliardi e 700 milioni, in dieci anni più che triplicato, rappresenta una condanna a morte (politica e amministrativa, per carità) che non si può evitare. Ha scelto di suicidarsi, invece, il centrodestra napoletano e, in particolare, Forza Italia. Ieri Salvatore Guangi, consigliere berlusconiano, e Domenico Palmieri, da sempre vicino a Stefano Caldoro, sono stati decisivi perché la seduta dell’assemblea civica si svolgesse regolarmente.

L’ambiguo atteggiamento dei consiglieri berlusconiani conclude un decennio di mancata opposizione che ha aiutato la giunta arancione nella non facile impresa di far schizzare il debito comunale alle stelle, azzerare i servizi a cittadini e imprese, allontanare ulteriormente le periferie dal centro e distruggere il verde pubblico nascondendosi dietro i numeri di un boom turistico che è in realtà frutto dello straordinario sforzo degli imprenditori locali e della naturale vocazione all’accoglienza dei napoletani. Flirtando con il sindaco Forza Italia ha di fatto sancito la fine del centrodestra napoletano e si è rassegnata a un oscuro ruolo di comprimaria nella politica cittadina.

Chi versa in uno stato di agonia dalla quale dovrà pur riprendersi è Napoli, adesso più che mai destinata a scontare gli effetti non solo dell’incapacità amministrativa e della politica populista di de Magistris, ma anche della compromissione tra le diverse forze presenti in Consiglio comunale. Dopo gli abboccamenti tra Forza Italia e il sindaco, quasi tutti gli protagonisti della vita cittadina sembrano ridotti a “personaggetti”, per usare un termine caro al governatore Vincenzo De Luca. E Napoli sembra piombata in una nebbiosa palude, nella quale è impossibile riconoscere i riferimenti politici e ogni tentativo di rinascita appare velleitario. Anche perché gli ambigui rapporti tra le forze politiche e la disastrosa situazione dei conti comunali impediscono di dare luogo a quelle politiche riformiste di cui la città avrebbe bisogno, soprattutto in tempo di pandemia.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.