Il Csm ha dichiarato guerra a Marta Cartabia. Rispondendo, sembra, agli ordini dell’Anm (il comitato centrale delle correnti delle toghe) e al Fatto di Travaglio. Ha deciso la “spedizione militare”, guidato dai grillini e dai togati più legati alle correnti di destra e di sinistra. La tradizionale alleanza rosso-bruna, come si dice in gergo politico, pronta a combattere fino alla morte a difesa dell’obbrobrio-Bonafede e a giocarsi tutte le carte possibili per puntare alle dimissioni della ministra.

Nel nostro titolo in prima pagina, come avete visto, citiamo una vecchia frase di Mussolini, famosissima, che accompagnò l’inizio della campagna di Grecia. Mussolini, baldanzoso, annunciò già la vittoria delle truppe italiane, usando il suo linguaggio fantasioso e sempre aggressivo: “spezzeremo le reni”. Meno fantasiosa fu poi la campagna, che andò malissimo: gli italiani ce le presero e dovettero supplicare i nazisti di intervenire per evitare la disfatta.
Vedremo come andrà questa nuova campagna di Grecia. Per ora si capisce solo quali sono le forze in campo e qual è il disegno strategico.

In concreto, questo nuovo attacco da parte del Csm alla ministra si è delineato con un voto nella sesta commissione del Consiglio Superiore, che è quella che si è assegnata l’incarico di esprimere il proprio parere sui disegni di legge del governo. La sesta commissione, composta dai sei persone – due laici e quattro toghe – ha votato 4 a 2 a favore di un documento di censura della riforma approvata dal governo. Ora cerchiamo di capire il motivo delle critiche e i suoi autori. Prima però, a qualunque persona ragionevole, viene un dubbio grande come una casa. Ma è normale che l’organo di autogoverno della magistratura esprima pareri sulle leggi o sui disegni di legge varati dal Parlamento o dal Governo? Lo dico sommessamente, è solo perché ogni tanto mi ricordo di quel vecchio principio della separazione tra i poteri che è un po’ un pilastro dello Stato moderno. Me lo hanno detto in terza media, perché allora si studiava educazione civica.

Ora, dico io, se l’organo massimo del potere giudiziario ha il diritto di impicciarsi dell’andamento delle leggi e dei decreti – di competenza del Parlamento e del governo – e di esprimere pareri che oggettivamente – grazie anche all’appoggio di solito entusiasta della stampa – sono destinati ad avere un fortissimo peso politico, ma allora – per il meccanismo della reciprocità – non sarebbe giusto che il governo, o il Parlamento, o tutti e due, potessero di volta in volta esprimere un parere sulle sentenze prima che i giudici le emettano? E magari anche sugli avvisi di garanzia o sui rinvii a giudizio. E soprattutto sugli arresti. Capisco l’obiezione: c’è una legge dello Stato che stabilisce che il Csm ha questo diritto e questa competenza. Già. Diciamo pure, però, che di leggi dello Stato fatte male ce ne sono parecchie. I referendum chiesti dai radicali e dalla Lega, francamente, sono molto pochi rispetto alle esigenze. Presto bisognerà farne altri.

Il voto contro la Cartabia, in commissione del Csm, è stato chiarissimo: hanno votato a favore il rappresentante dei 5 Stelle in Csm e tre magistrati: uno della destra ex davighiana, anche piuttosto famoso (Ardita), e due “casciniani” di ferro. Cascini è il deus ex machina della corrente di Area, cioè dello spezzone più giustizialista della sinistra giudiziaria. Si sono astenuti invece il consigliere indicato da Forza Italia, Lanzi, e la magistrata della corrente di Ferri. Adesso il documento dovrà essere approvato dal plenum del Csm. E quando sarà approvato dal plenum acquisterà un peso ancora maggiore. Non ci sono molti dubbi sul fatto che sarà approvato, perché l’alleanza – come l’abbiamo definita – rosso-bruna, cioè destra/sinistra, nel plenum ha una buona maggioranza, sostenuta, peraltro, dall’altra alleanza rosso-bruna, quella dei laici, e cioè l’alleanza mostruosa tra Pd e grillini.

Non sembra che ci sia la possibilità di un ripensamento. L’unica possibilità, forse, sarebbe quella di un intervento netto del Presidente del Consiglio della magistratura, cioè del presidente della Repubblica, cioè di Mattarella. Che potrebbe rompere gli indugi e schierarsi decisamente contro l’attacco sovversivo delle toghe. Ma non è molto probabile che lo faccia. Mattarella è un democristiano del tipo “sopire, troncare…”. Un po’ diverso da un suo predecessore, sempre democristianissimo, Francesco Cossiga, che in una situazione del genere – come già fece a suo tempo – avrebbe sicuramente minacciato di far circondare Palazzo dei marescialli dai carabinieri.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.