Marco Travaglio, mi dicono quelli che lo conoscono, in questi giorni è sull’orlo della disperazione. Non sa più dove sbattere la testa. Lui fino a qualche mese fa era certo, e lo diceva sempre alla La Sette, che Draghi non avrebbe mai accettato di fare il presidente del Consiglio. E quindi Conte sarebbe durato in eterno, e dal momento che Conte non è molto esperto, e sul piano politico è considerato zero anche dai suoi amici, lui, Travaglio, avrebbe potuto continuare a fare il bello e il cattivo tempo, infischiandosene dell’opposizione e indicandola quotidianamente al pubblico ludibrio.
Poi è arrivata la mazzata. Draghi ha accettato.

Ha spiegato che non avrebbe accolto i diktat eventuali dei partiti. Ha messo in un angolino i grillini, ha scelto i ministri di testa sua e, oltretutto, ne ha messi due o tre di qualità eccellenti in alcuni ministeri chiave. Il caso ha voluto che la più prestigiosa dei nuovi ministri fosse una donna: Marta Cartabia, giurista molto insigne, ex presidente della Corte Costituzionale, stimatissima nel mondo accademico e conosciuta e apprezzata in tutt’Europa. È toccato a lei prendere il posto di un ragazzo di bottega di qualche studio di avvocati, un certo Bonafede, esperto soprattutto, dicono le biografie, come dj. Avvezzo poco al diritto, di più al potere, come succede, del resto, a moltissimi dei ragazzi a Cinque Stelle.

Travaglio non ci ha visto più: non solo al ministero della Giustizia – che è il ministero che più gli interessa, perché bisogna passare da lì per realizzare qualunque programma di repressione di massa. Con colori bulgari o cileni, (vecchia Bulgaria e vecchio Cile…) – hanno messo una persona che conosce molto bene il diritto e la giurisprudenza, e questo rende molto difficile ogni programma reazionario. Ma per di più ci hanno messo una donna, e le donne sapete come sono: debolucce, fragili, isteriche e subalterne. E così Travaglio, visti i suoi disegni politici finiti in frantumi, ha iniziato una campagna battente non solo contro Draghi ma in particolare contro la Cartabia. Tirandosi dietro un bel pezzo del partito dei Pm, quasi tutti i giornalisti esperti in giudiziaria (cioè quelli che dipendono direttamente dalle Procure) e poi Di Battista e qualche altro ragazzetto dei 5 Stelle. Anche Conte gli è andato appresso, però mica tanto, perché dicono che Conte ogni volta che vede Draghi poi si intimidisce, lo chiama professore, e non se la sente tanto di andargli contro.

Prima Travaglio ha fatto partire la raffica di insulti sessisti, affibbiando alla Cartabia nomignoli vari, come fa lui (è un tipo di polemica ereditato dal suo maestro: un certo Farinacci…), tra i quali quello molto elegante di “guardagingilli”. Poi ha pubblicato un giorno dopo l’altro, in prima pagina, fotomontaggi con Cartabia (e anche Draghi) che portano il cappello da somaro con le orecchie d’asino. (Devo dire che una cosa del genere la feci anch’io, qualche anno fa, quando insieme ad alcuni amichetti dell’epoca redigevamo il giornalino scolastico della terza media. Era il 1963). E dietro le urla di Travaglio si sono schierati un bel po’ di magistrati. Ieri, in prima pagina, il “Fatto”, sotto la solita foto con la ministra e le orecchie d’asino, pubblicava questi due titoli: “I magistrati di Napoli la umiliano. Gratteri: mai più maxiprocessi”. e poi, un altro bel titolo: “Alessandra Dolci: impuniti i delitti di mafia”.

Non credo che la ministra Cartabia si sia sentita molto umiliata da Gratteri. Forse ha sofferto, piuttosto, per dover rispondere del massacro osceno nel carcere di Capua Vetere commesso e nascosto sotto il ministro Bonafede. Del quale il mio amico Marco si è occupato molto poco. Quanto al maxiprocesso di Gratteri ci sono da dire un paio di cose. Il mondo intero ritiene – perché i giornali hanno dato retta a Gratteri stesso – che si tratti del più gigantesco processo alla mafia dai tempi di Falcone. Forse sarà il caso di far notare un dettaglio: nel processo non c’è neanche una imputazione per omicidio, o per ferimento. Nel processo guidato da Falcone gli omicidi erano diverse centinaia. Capiamoci bene: mafia, mafia, mafia, falcone falcone, falcone. Dicono così per farsi belli. Non confondiamo le cose. Gratteri ha fatto una retata di circa 400 persone accusate di reati finanziari e tutto lascia immaginare che più della metà saranno assolti. Cosa diavolo c’entra questa pura operazione di propaganda con il processo di Falcone che tagliò la testa a Cosa Nostra? Infine Alessandra Dolci, che non so esattamente chi sia, la quale dice che saranno impuniti i delitti di mafia. Ecco: non è vero. I delitti di mafia (immagino che stiamo parlando di omicidi) non sono prescrivibili.

P.S. Spesso qualcuno mi contesta l’uso che faccio della parola “fascista”. Mi chiedono: perché scrivi sempre “fascista” e non scrivi “comunista”? Perché vieni dal Pci? No. Per due ragioni semplici.

La prima è che in Italia non c’è mai stata una dittatura comunista e invece c’è stata una dittatura fascista. Se fossi ungherese o russo o polacco, sicuramente scriverei “comunista”. La seconda ragione è che per formazione culturale e attitudini i 5 stelle assomigliano molto di più ai nipotini di Mussolini e Farinacci che a quelli di Stalin e Secchia. Lo dico senza malizia.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.