Dal fronte
Le truppe israeliane assediano Khan Younis
L’avanzata a sud ha già messo in allerta la comunità internazionale che preme su Israele affinché non metta in atto nell’area meridionale un’operazione uguale a quella realizzata a nord visto l’alto numero di vittime civili (16mila secondo le autorità di Gaza)
Le truppe israeliane sono a Khan Younis, principale centro del sud della Striscia di Gaza. La conferma, oltre che dalle testimonianze e dalle foto satellitari, è arrivata da Yaron Finkelman, capo del Comando Sud delle Israel defense forces, e dal capo di Stato maggiore Herzi Halevi, che ha spiegato che questo sviluppo rientra nella “terza fase” della guerra contro Hamas. Le battaglie si fanno sempre più intense e sono ripresi anche i raid aerei. Ieri Finkelman ha definito la giornata di martedì come “il giorno più intenso” da quando è iniziata questa manovra terrestre, “sia per numero di terroristi uccisi che per numero di scontri e uso di fuoco da terra e dal cielo”. E anche nelle ore precedenti la Difesa israeliana aveva parlato di scontri feroci su tutto il fronte. Gli obiettivi delle Tsahal sono sempre gli stessi: la liberazione degli ostaggi, l’eliminazione di Hamas e la distruzione delle sue infrastrutture militari. Sul fronte delle persone rapite, ieri si è registrato un nuovo scontro tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e i familiari degli ostaggi liberati e di chi è ancora nelle mani dei terroristi (138 secondo gli ultimi dati ufficiali).
“Non c’è spazio per una tregua”
Secondo i media israeliani, il premier avrebbe ammesso che non vi sono ora “possibilità di riportare tutti a casa”, provocando l’ira dei presenti. Parlando a Beirut, il rappresentante di Hamas in Libano, Osama Hamdan, ha poi voluto sfruttare questo fianco scoperto di Israele dicendo che non vi è spazio per una tregua e che il primo ministro è “responsabile” della vita degli ostaggi. Ma dopo la fine del cessate il fuoco, l’impressione è che Netanyahu e i comandi militari dello Stato ebraico vogliano colpire in modo duro e definitivo le forze nemiche. Al netto dell’evidente impegno delle Idf, molti osservatori iniziano però anche a porsi domande sull’efficacia dell’operazione militare.
L’ala militare di Hamas ancora operativa
Il Washington Post ha messo in evidenza, anche attraverso testimonianze anonime di alti funzionari israeliani, alcuni nodi da sciogliere. Secondo le fonti del quotidiano Usa, la maggior parte dell’ala militare di Hamas sarebbe ancora operativa. E se la città di Gaza è in gran parte distrutta, molte aree del nord della Striscia restano in mano alle milizie palestinesi, con alcune roccaforti sostanzialmente intatte. Inoltre, l’avanzata a sud ha già messo in allerta la comunità internazionale che preme su Israele affinché non metta in atto nell’area meridionale un’operazione uguale a quella realizzata a nord visto l’alto numero di vittime civili (16mila secondo le autorità di Gaza). Una richiesta che nasce anche dal fatto che la popolazione si è spostata nelle scorse settimane a sud proprio per evitare di rimanere intrappolata sul campo di battaglia e su richiesta delle stesse Idf.
I tunnel e la “metropolitana” di Gaza
Resta poi il tema delle infrastrutture di Hamas, in particolare della famigerata rete di tunnel.Secondo alcune testimonianze raccolte dai media, Israele avrebbe pianificato anche la possibilità di allagare la cosiddetta “metropolitana” di Gaza pompando al suo interno l’acqua di mare. Non tutti concordano su questo progetto, che presenta notevoli rischi soprattutto per le falde acquifere della Striscia. E mentre Israele studia i vari scenari, molti osservatori si chiedono quanto tempo occorra effettivamente allo Stato ebraico per condurre in porto l’operazione nell’exclave palestinese: guerra che si combatte anche su altri fronti non meno densi di pericoli. Ieri i razzi sono di nuovo piovuti su Tel Aviv, mentre le sirene d’allarme sono risuonate nei villaggi al confine con il Libano, dove in un raid delle Idf è morto anche un soldato dell’esercito di Beirut. Continua inoltre la tensione in Cisgiordania, dove le forze dello Stato ebraico conducono offensive e arresti.
Questo fronte, dove opera l’Autorità nazionale palestinese, preoccupa in particolare gli Stati Uniti, che hanno deciso di imporre sanzioni contro i coloni israeliani accusati di violenze nei confronti dei palestinesi o di minare la convivenza tra i due popoli.
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