Aveva 29 anni ed era afroamericano. Il suo nome è Dijon Kizee. È stato colpito e ucciso da due agenti nel quartiere di Westmont, a sud di Los Angeles. Secondo la ricostruzione della polizia i due agenti coinvolti avrebbero visto la vittima in sella alla sua bicicletta e avrebbero deciso di fermarlo per un controllo. A quel punto l’uomo avrebbe abbandonato la bici dandosi alla fuga. Quando gli agenti lo hanno raggiunto l’uomo avrebbe opposto resistenza e avrebbe sferrato un pugno contro uno dei poliziotti. Poi avrebbe lasciato cadere alcuni indumenti a terra. A quel punto gli agenti hanno aperto il fuoco.  «Gli agenti hanno notato che all’interno dei capi di abbigliamento lasciati cadere c’era una pistola semiautomatica nera – è stato spiegato – A quel punto si è verificata la sparatoria».

L’uomo è stato colpito più volte ed è morto sul colpo. Questa sparatoria arriva due mesi dopo la controversa morte del diciottenne Andres Guardado a Gardena, nella regione di South Bay (sud-ovest) della contea di Los Angeles, che ha causato settimane di manifestazioni. Guardado, salvadoregno americano di 18 anni, è morto colpito alla schiena il 18 giugno scorso. La dinamica è stata simile a quella che il vice sceriffo Brandon Dean ha descritto ieri e che riporta il Los Angeles Times. Dean ha detto di non sapere quante volte l’uomo è stato colpito, ma ha parlato di una ventina di volte, senza precisare.

Un video girato nel quartiere mostra due agenti correre dietro a un uomo che sembra trasportare dei vestiti. Poi si vedono gli stessi agenti con le pistole estratte, apparentemente dopo avergli sparato. Il testimone Gerardo De La Torre, 18 anni, si trovava nella sua stanza da letto, stava giocando ai videogiochi, proprio sopra la strada, West 109th, quando ha sentito una decina di spari seguiti dalle urla. È uscito e ha visto un gruppo di persone confrontarsi con i poliziotti. Dopo cinque minuti, ha detto, 12 auto della polizia si sono fermate all’incrocio, con le sirene, a terra un uomo morto. Ha detto che «ci sono ancora due fori di proiettile nella staccionata di legno fuori la casa. Non mi piace quello che sta succedendo qui, è come se fosse aperta la stagione di caccia».

Alcune ore dopo, la folla ha cominciato a radunarsi sul posto. Sempre più numerosa, ha iniziato a protestare a chiedere risposte, scandendo i cori che caratterizzano la mobilitazione del movimento di protesta in corso da mesi, “Dì il suo nome”, “Niente giustizia, niente pace” e “Le vite dei neri contano” (Black Lives Matter). Dopo mezzanotte più di 100 manifestanti hanno marciato sulla Imperial Highway, dove hanno continuato la protesta. Da mesi, gli Stati Uniti sono teatro di un’ondata di proteste antirazziste, innescate dalla morte a maggio di George Floyd, un uomo di colore soffocato da un poliziotto bianco a Minneapolis. Le proteste hanno ripreso vigore la scorsa settimana quando un agente di polizia bianco ha sparato sette volte contro Jacob Blake a bruciapelo a Kenosha, nel Wisconsin. Nella notte italiana il presidente ha confermato che oggi sarà a Kenosha per un comizio, nonostante gli appelli a non venire lanciati dal governatore dello stato del Midwest e dal sindaco della città.

Secondo al Cnn, Trump non incontrerà i familiari di Blake: «Beh, ho parlato con il pastore (della famiglia) e ho pensato che sarebbe stato meglio non fare nulla dove c’erano avvocati coinvolti», ha detto Trump. «Volevano che parlassi. Volevano coinvolgere gli avvocati e ho pensato che fosse inappropriato, quindi non l’ho fatto. Ma ho parlato con il pastore della famiglia», ha aggiunto il presidente. L’addetto stampa della Casa Bianca, Kayleigh McEnany, ha riferito che “attualmente” i piani del presidente «sono di incontrare le forze dell’ordine locali e alcuni imprenditori, e (Trump) esaminerà i danni». Nel corso di una conferenza stampa, il presidente si è detto «pronto a schierare gli uomini della Guardia Nazionale» per «garantire l’ordine nelle nostre città». «C’è una guerra contro le forze dell’ordine. I democratici hanno perso il controllo e sono in mano alla sinistra radicale, alla criminalità, e i loro sindaci si rifiutano di mettere i rivoltosi in carcere. Invece quello che serve è tolleranza zero contro l’anarchia e la violenza, quello di cui abbiamo bisogno è ordine, altrimenti la democrazia è morta».

Il presidente Usa ha anche difeso le azioni di Kyle Rittenhouse, il 17enne dell’Illinois accusato di aver ucciso due persone martedì scorso durante le proteste a Kenosha e ha giustificato i gruppi di destra che sabato hanno partecipato agli scontri a Portland (Oregon). «Stiamo valutando le sue azioni – ha risposto a una domanda sul perché non ha condannato l’operato del giovane – ma hai visto anche tu il video e lui stava cercando di scappare da loro (i manifestanti), suppongo, ed è caduto e lo hanno attaccato molto violentemente. Probabilmente lo avrebbero ucciso». Il 17enne è attualmente rinchiuso nella prigione di Lake County e deve affrontare due capi d’accusa per omicidio e uno per tentato omicidio. Dal canto suo, lo sfidante dem Joe Biden è tornato ad attaccare il tycoon: «Fomenta la violenza perché è debole». E intanto, l’America brucia. E ad alimentare il fuoco dello scontro razziale è un presidente-piromane.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.