I mediatori hanno raggiunto il target dopo un fine settimana di trattative: Berlusconi e Meloni hanno avuto ieri pomeriggio un faccia a faccia di 70 minuti, si sono chiariti e il centrodestra salirà unito alle consultazioni con il presidente della Repubblica che sono previste tra giovedì e venerdì, al massimo sabato. È un risultato importante e non scontato dopo gli stracci volati nel fine settimana: “Io non sono ricattabile” ha detto la presidente di Fratelli d’Italia alludendo al fatto che forse Berlusconi potesse esserlo; “È prepotente, supponente, arrogante, offensivo, impossibile andare d’accordo” ha scritto di suo pugno il Cavaliere circa la sua ex pupilla che fece diventare ministro appena trentenne. Non era facile ricostruire un rapporto decente dopo dei vaffa così clamorosi.

Le buone notizie però finiscono qua. Non ce ne sono di cattive vere e proprie. Anzi. Però la squadra di governo, al di là del fatto che Licia Ronzulli resterà fuori e che Forza Italia, pur avendo avuto l’8% al pari della Lega, è stata esclusa dalla Presidenza delle Camere, non è stata ancora definita. “C’è ancora qualche giorno di tempo, almeno fino al fine settimana (Meloni non riceverà l’incarico prima che Draghi concluda a Bruxelles il Consiglio europeo più importante, quello sulle misure per fermare la corsa dei prezzi dell’energia, ndr) per definire bene le caselle e la squadra” spiegano fonti di Forza Italia. Più ottimismo da parte di Fratelli d’Italia: “Il quadro è quasi completato”. La lista dei nomi infatti continua a ballare: i ministeri affidati a Forza Italia saranno alla fine cinque, come quelli per la Lega. A Fratelli d’Italia ne resterebbero 13-14. E torna anche l’ipotesi del vicepremier. Solo per Forza Italia, però, visto che non è rientrata nel giro delle presidenze istituzionali.

Il comunicato finale, rilasciato due minuti dopo che Berlusconi è entrato in macchina, segno questo che lo hanno scritto insieme, può sembrare più scarno di quello che in realtà è. “L’incontro si è svolto in un clima di unità d’intenti e di massima cordialità e collaborazione”, cioè ribadisce quello che dovrebbe essere scontato in una coalizione. La quale, si ribadisce, “è al lavoro per dare il più presto possibile all’Italia un governo forte, coeso e di alto profilo che si metta subito al lavoro per affrontare le urgenze”. Letto così sembra un comunicato di tre mesi fa, all’indomani della crisi di governo. Segno che in quei tre giorni, tra giovedì e sabato, i rapporti si erano del tutto interrotti. “È ripartito il dialogo non era scontato” dice un altro fedelissimo del Cavaliere, l’onorevole Paolo Zangrillo. “Berlusconi è un uomo delle istituzioni e sa quando è il momento di mettere il Paese prima di tutto il resto”.

Berlusconi entra per la prima volta nei suoi trent’anni di carriere politica nella sede storica del Msi in via della Scrofa alle 16 e 40 minuti. Anche su questo passo altamente simbolico il lavoro delle rispettive diplomazie – Gianni Letta, Fedele Gonfalonieri e Marina e Piersilvio Berlusconi da una parte; lo stesso La Russa e Guido Crosetto dall’altra – è stato molto intenso nel fine settimana. “È la prima volta, non era mai successo” sottolineava il capogruppo Lollobrigida mentre lasciava di soppiatto, per evitare telecamere, la sede di via della Scrofa teatro della riappacificazione. Giorgia Meloni va incontro al Cavaliere nel punto del cortile dove ferma la macchina, lo accoglie con un mezzo sorriso, nessuna festa, il minimo sindacale di cordialità, i due hanno litigato di brutto, lei è offesa e lui anche. Il colpo d’occhio dice che c’è ancora molto da ricomporre. E tanto gelo da scongelare. Tutti i nodi già risolti? Accordo solo da “firmare”? “Presumete male se pensate che l’incontro sia solo una formalità” aggiunge Lollobrigida.

Poco prima aveva lasciato la sede di Fratelli d’Italia anche il neo presidente del Senato Ignazio La Russa. Che ha deciso di fare a piedi i 300 metri che dividono la sede del partito – dove oltre al faccia a faccia con Berlusconi c’è stato, in una stanza diversa, il brindisi della Fondazione di An per l’elezione di La Russa alla seconda carica dello Stato – trascinando un grumo indefinito di oltre cento giornalisti in una passeggiata-wrestling intervellata da qualche dichiarazione. Cose del tipo: “Auspico e sono convinto che sarà trovato l’accordo”. Via della Scrofa ieri è stata interdetta solo alle auto, non ai pedoni. Tra turisti e fan della destra, è diventata in breve e col passa parola il punto di attrazione per molti turisti a zonzo intorno al Senato e diretti verso piazza Navona, tutti felicemente armati di telefonini. Dovranno in fretta trovare un modo per gestire il traffico in questa via stretta sulla destra di palazzo Madama. Altrimenti ogni volta il rischio imbottigliamento è altissimo.

La Russa ha stretto mani e si è lanciato in appassionati abbracci, “vedete che qui ho chi mi vuole bene…”. Una signora bionda, sui 70 anni, si è raccomandata, “si ricordi di quel giovane camerata, di come lo hanno ammazzato…”. La Russa non ha indugiato, ha lasciato correre, storie degli anni Settanta, non è il caso qui, oggi, davanti a decina di telecamere. Intanto i due leader sono a confronto al secondo piano, nello studio che fu di Almirante, che è stato di Fini e poi di Giorgia Meloni. La modalità prescelta è quella del one to one. Nessun testimone partecipa al colloquio. Il tutto sarà consegnato al comunicato finale. Che dice poco, allude molto. “Lavoriamo per essere pronti la prossima settimana a dare una guida solida e capace al Paese” ripete Lollobrigida. Nei talk serali, lui e altri ospiti aggiungeranno qualcosa ma nulla è definito.

Possiamo provare ad indicare i nomi. Più difficili le caselle di riferimento. Forza Italia metterebbe in campo Antonio Tajani (esteri e vicepremier), Gilberto Pichetto Fratin, viceministro al Mise nel governo Draghi, promosso a ministro ma della Transizione Digitale e non dello Sviluppo economico. Gli altri nomi sono Elisabetta Casellati (ma non alla Giustizia), Anna Maria Bernini e Alessandro Cattaneo. Uno dei nodi che resta aperto è quello della Giustizia: alla fine avrebbe la meglio l’ex pm Carlo Nordio. L’altro giorno in Transatlantico, nel primo giorno di scuola alla Camera, ragionava sul fatto che “il problema degli sbarchi si può risolvere applicando la legge per cui se la nave che salva i naufraghi batte bandiera tedesca, la Germania diventa il primo territorio di sbarco e di identificazione. E così via per tutte le navi delle ong che fanno salvataggi in mare”.

Meloni non farebbe questa concessione a Berlusconi. In lizza, oltre Casellati, ci sarebbe l’attuale sottosegretario Francesco Paolo Sisto, titolare tra l’atro di molti dossier aperti in via Arenula. “Devo evitare ogni possibile accusa di conflitto di interessi” è il messaggio veicolato da Giorgia Meloni. Salvini partecipa della soddisfazione per la “pace ritrovata”. Da giorni il segretario della Lega indossa i panni del mediatore. Ieri sera ha riunito i suoi alla Camera. I nomi dei ministri del Carroccio sono Giorgetti (Mef), Salvini alle Infrastrutture e forse vicepremier, Centinaio, Calderoli, Erika Stefani. Alcuni dei nomi per Fratelli d’Italia sono Guido Crosetto, Adolfo Urso, Maria Calderone (Lavoro), Fazzolari (sottosegretario alla Presidenza del consiglio), Fitto (Rapporti con l’Europa), Carmelo Musumeci, l’ex governatore della Sicilia, fatto dimettere anzitempo e promosso a ministro per il Sud, il successore della Carfagna. Meloni vorrebbe per sé anche il ministero della Salute.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.