Tanto tuonò che piovve. E meno male, viene da dire mettendosi nei panni di avvocati costretti a districarsi tra le gincane delle restrizioni nate in periodo di piena emergenza pandemica ma tenute in vigore fino a ieri, nei panni di cittadini costretti ad assistere a udienze fissate a un orario e celebrate molto dopo oppure a processi soggetti a rinvii. Certo, non è un acquazzone capace di spazzare via tutte le restrizioni ma è qualcosa.

Ieri il presidente del tribunale di Napoli Elisabetta Garzo ha firmato un decreto con cui, fino al 31 luglio, sono revocate non tutte ma buona parte delle misure restrittive anti-Covid finora imposte nel Palazzo di Giustizia, quelle stesse misure che da mesi gli avvocati penalisti chiedevano di eliminare o fortemente ridimensionare perché non apparivano più proporzionate al livello di allarme pandemico e perché condizionavano eccessivamente l’organizzazione delle udienze e l’andamento dei processi. Proprio per ieri mattina la Camera penale di Napoli, presieduta dall’avvocato Marco Campora, aveva indetto un’assemblea straordinaria con questa questione indicata come rimo punto all’ordine del giorno. E proprio ieri è arrivato il decreto della presidenza del tribunale.

Ci si è resi conto, finalmente, che di fronte a un mondo che si è rimesso in moto, e non da ieri, la giustizia non poteva ancora trascinarsi a ritmo lento. Dovranno farsene una ragione adesso i sostenitori del “chiudiamo tutto”, “celebriamo pochi processi”, “contingentiamo le presenze”. La Camera penale ne dà notizia con soddisfazione, ha abbattuto un pezzo di muro. In primis quello che impediva, se non si aveva la prenotazione online, l’accesso alle cancellerie e ad altri uffici giudiziari. Certo, ci sono ancora muri da far venire giù ma un prima picconata c’è stata. Infatti, nel decreto del presidente del Tribunale di Napoli si legge tra l’altro che «l’utenza potrà accedere alle cancellerie liberamente, senza alcun obbligo di previa prenotazione, purché nel rispetto degli orari di apertura al pubblico, del distanziamento interpersonale e con l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale».

Le cancellerie quindi non sono più fortini, per la gioia soprattutto degli avvocati. E i processi nel settore penale tornano ad essere celebrati con la partecipazione del pubblico, seppure con una capienza massima di cinquanta persone per ciascuna aula. Mentre per quanto riguarda i ruoli monocratici è stato innalzato da venti a trenta il numero di procedimenti da trattare per ogni udienza. Dieci fascicoli in più, dunque. Un altro piccolo passo. Restano invariati i criteri di priorità: si dovrà dare precedenza a processi con imputati detenuti o sottoposti a misura cautelare, con costituite parti civili (soprattutto nei casi di processi che riguardano reati contro le cosiddette fasce deboli, quindi con vittime donne o minori) e ai processi più datati nonché quelli per i quali non è imminente la prescrizione dei reati contestati.

Si contempla una variazione “eccezionale” del numero di fascicoli in caso di più processi da trattare con più imputati detenuti o particolarmente complessi. Punto dolente le fasce orarie, argomento che è stato al centro delle lamentele dei penalisti negli ultimi mesi a causa del mancato rispetto da parte dei giudici delle tabelle orarie in calendario. Nel decreto c’è una chiosa in neretto sul punto che suona come una strigliata ai giudici: «Si invitano i giudici a prevedere una più dettagliata suddivisione oraria al fine di evitare il prolungarsi dei tempi di attesa». E a rispettarla, aggiungono gli avvocati.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).