Germania, trent’anni dopo la riunificazione. Storia e politica s’intrecciano nelle considerazioni di uno dei più autorevoli studiosi del “pianeta tedesco”: Angelo Bolaffi, filosofo della politica e germanista, dal 2007 al 2011 direttore dell’Istituto di cultura italiana a Berlino, autore di numerosi saggi tra i quali ricordiamo: Il sogno tedesco. La nuova Germania e la coerenza europea (Donzelli, 1993), Cuore tedesco. Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea. (Donzelli, 2013), Germania/Europa. Due punti di vista sulle opportunità e i rischi dell’egemonia tedesca (con Pierluigi Ciocca, Donzelli 2017) e il più recente Calendario civile europeo. I nodi storici di una costruzione difficile (Donzelli, 2019).

Trent’anni fa, il 3 ottobre 1990, la riunificazione tedesca. Che cosa ha significato per la Germania e cosa per l’Europa?
Per la Germania ha significato il superamento definitivo della catastrofe provocata dal nazionalsocialismo e, più in generale, ha significato la soluzione di quella che viene chiamata la “questione tedesca”. Per “questione tedesca” s’intende il problema sorto con la riunificazione tedesca sotto Bismark nel 1870. La “questione tedesca” era nata perché la Germania, che era stata dal ‘600 in poi un insieme di staterelli con uno più grande che era la Prussia, aveva rappresentato una sorta di corpo molle al centro dell’Europa, era stato anzi il luogo dello scontro delle potenze europee, prima spiritualmente, fra cattolicesimo e protestantesimo, e poi militarmente tra i partiti cattolici e i partiti protestanti che si scontrarono in Germania, visto che i principi tedeschi erano per metà protestanti e per metà cattolici. Nel momento in cui la Germania si riunifica, al centro dell’Europa nasce una super potenza che rompe l’equilibrio delle potenze europee. La “questione tedesca” viene immediatamente percepita da Francia e Inghilterra come un elemento di disequilibrio e potenzialmente foriero di guerre. Per l’Italia è diverso, perché l’Italia contemporaneamente alla Germania si è riunificata. C’è un momento storico in cui i destini di Italia e Germania procedono paralleli, tanto è vero che nelle cancellerie di Berlino si diceva: dobbiamo fare come Cavour e l’Italia. Come l’Italia si riunifica, così ci riunifichiamo pure noi… Ma l’Italia non rappresentava una minaccia all’equilibrio europeo, la Germania posta al centro dell’Europa rappresenta invece una minaccia vera, percepita o strumentalizzata. Poi, con il fortissimo sviluppo economico conosciuto dalla Germania riunificata tra gli anni ’80 e ’90 del Novecento, essa arriva al predominio economico in Europa e raggiunge e minaccia quello della super potenza inglese. L’Inghilterra ha avuto sempre un interesse: quello di mantenere un equilibrio in Europa, cioè nessuno deve essere egemone, perché solo così l’Inghilterra non è minacciata. Quindi è stata contro Napoleone, contro Hitler, è stata poi contro Stalin. Il punto fondamentale è che l’unificazione del Reich, nel lontano 1870, avviene nel segno di “sangue e ferro”. La Germania si unifica contro il volere dei vicini europei e soltanto con le guerre. La riunificazione tedesca del 3 ottobre 1990, e questo è il fatto nuovo, fondamentale, avviene con il consenso degli alleati europei, chiudendo il conflitto diplomatico sull’Oder-Neiße con la Polonia, con il consenso della Francia, dell’Olanda, dell’Italia e, soprattutto, ed è questo che conta, con il consenso, per la debolezza dell’Unione sovietica di Gorbaciov e per la forza degli Stati Uniti di Bush padre, e tutto questo sotto il controllo della Nato. Quindi la Germania fa parte definitivamente dell’Occidente, è una potenza democratica e si è unificata in pace. E questo ha chiuso un ciclo storico iniziato nel 1870.

Trent’anni dopo, dal punto di vista di una cultura democratico-liberale, questa riunificazione c’è stata davvero? In altri termini, quella che un tempo era la Ddr, la Germania dell’Est, ha acquisito una vera identità liberale oppure siamo passati dal “comunismo reale” a spinte autoritarie di segno neonazi?
Sicuramente nelle regioni dell’ex Germania dell’Est, il fenomeno identitario fascistoide, prima di Pegida e poi di Alternative für Deutschland, ha avuto espressioni molto più marcate che nelle regioni dell’Ovest, e non c’è dubbio che il processo di quello che io ho chiamato la “metanoia”, cioè il rinnovamento spirituale avvenuto nella Germania dell’Ovest attraverso una collettiva autocritica – che ha avuto indubbiamente tempi lunghi, faticosi, spesso contraddittori ma che alla fine è arrivata a fare i conti con il proprio passato – nella Germania dell’Est non c’è stato, o c’è stato in maniera molto limitata a delle élite intellettuali. Bisogna però anche dire che la rivoluzione pacifica che portò alla caduta del muro di Berlino un anno prima della riunificazione tedesca, cioè il 9 novembre del 1989, è stata anche opera di uomini e donne dell’Est che in pace, senza versare una goccia di sangue, hanno realizzato la prima, vera rivoluzione democratica e pacifica che conosce la storia tedesca. Quel giorno iniziò la globalizzazione e per la prima volta da quando esisteva l’homo sapiens, la popolazione di tutto il mondo vide la Storia in diretta. Anche perché bisogna ricordare che proprio nell’89 ci fu il primo esperimento di web. Quell’evento aprì un nuovo capitolo anche nella storia europea. Il 9 novembre 1989 è finita la fase di unificazione dell’Europa iniziata con i Trattati del 1957, e si è aperta una nuova fase molto più complicata e difficile da gestire in assenza, e questo è il vero problema, della potenza egemone dell’Occidente: gli Stati Uniti. Oggi l’Europa è più sola e deve trovare in se stessa la forza per costruire la propria unità. Ma per tornare al cuore della sua domanda: il fatto che l’antifascismo di Stato voluto dalla Ddr, che ha impedito una riflessione sulla colpa tedesca sulle origini del nazionalsocialismo, sul problema dell’antisemitismo, sulla non conoscenza dell’altro – perché quelle regioni non conoscevano immigrazione, se non quella forzosa dei cosiddetti “paesi fratelli”, vietnamiti e cubani – certamente ha rallentato e messo spesso in discussione un processo di liberalizzazione. Però oggi dobbiamo pure dire che c’è stata una profonda trasformazione, anche materiale, delle regioni dell’Est, e ci sono alcune realtà che addirittura sono molto più avanti di alcune realtà della ex repubblica di Bonn. Quindi un processo contraddittorio ma, come ha detto il presidente Steinmeier, «non siamo dove avremmo voluto essere» soprattutto per quanto riguarda il pareggiamento della condizione sociale ed economica nelle regioni dell’Est, «ma siamo molto più avanti di quello che ci immaginiamo». Una bellissima espressione. Quel 3 ottobre di trent’anni fa iniziò un’opera colossale di trasferimento di ricchezza dall’Ovest all’Est, grazie alla quale i Länder dell’Est nel giro di tre decenni hanno recuperato il ritardo storico paragonabile a quello del Mezzogiorno italiano, al punto che oggi sono all’incirca all’80% rispetto all’Ovest. Fu una grande operazione di generosità collettiva che non tutti sostennero alla stessa maniera. Se posso, vorrei aggiungere un altro aspetto che reputo di grande importanza…

Qual è questo aspetto, professor Bolaffi?
La riunificazione tedesca segna l’avvio di una nuova fase della politica mondiale, perché lì finisce la Guerra fredda, nasce per un momento l’idea della “fine della Storia”, cioè del trionfo dell’unica potenza vincitrice, gli Stati Uniti d’America, ma poi in realtà si apre tutta una fase che porta alla situazione attuale, vale a dire a un disgregamento dell’ordine mondiale, ad un multilateralismo caotico, e ad un ruolo molto importante, proprio per la difesa dei valori liberaldemocratici, dell’Europa e di una Europa che ha la Germania al suo centro come fattore di stabilizzazione.

Una donna dell’Est è Angela Merkel. Guardando alla sua storia, che cosa ha rappresentato, anche come immagine, la cancelliera Merkel, di questa riunificazione nel segno europeo?
Intanto ricorderei che le regioni dell’Est hanno avuto il penultimo presidente della Repubblica, Gauck, e la Merkel. Questo è già un fatto molto importante. Questa nuova Germania presenta i volti di due donne che raccontano le “due Germanie”. Perché Angela Merkel racconta la Germania dell’Est che si riunifica nel segno dell’europeismo e dei valori liberaldemocratici in contrasto con le tendenze “maschiliste-autoritarie” da Putin ad Erdogan a Trump. Ma c’è anche Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, che rappresenta proprio per storia famigliare, essendo figlia di Albrecht von der Leyen, esponente della Cdu della Bassa Sassonia, la più profonda tradizione della Germania di Bonn. Ursula von der Leyen, cattolica, parla cinque lingue, è nata a Bruxelles, una europeista convinta che rappresenta la tradizione della Germania renana di Adenauer e Kohl.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.