A Palazzo Partanna, un uragano chiamato “accordo” spazza via etica, principi associativi e trasparenza. Si tratta di un patto segreto che sarebbe stato firmato dal gruppo A, composto da Ambrogio Prezioso, Vito Grassi e Paolo Bencivenga, e dal gruppo B, composto, invece, da Antonio D’Amato, Luigi Salvadori e Giancarlo Carriero. Sono i protagonisti stessi a essersi divisi in due gruppi, un po’ come a ruba bandiera. L’accordo è datato settembre 2020 e contiene la spartizione delle cariche, spartizione che poi è avvenuta secondo quanto scritto nel documento. Due pagine nelle quali ci si sarebbe messi d’accordo per arrivare alle elezioni uniti e compatti e far andare tutto secondo i piani prestabiliti, in una sede privata (e non nelle stanze di Palazzo Partanna, informando tutti gli associati) dinanzi a un notaio.

Il documento che abbiamo acquisito, la cui esistenza era nota da tempo a diversi associati dell’Unione industriale partenopea, dice questo: «I convenuti congiuntamente si impegnano a proporre alla Commissione di Designazione, favorendo il più ampio consenso su tali indicazioni, quale Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli, per il periodo di completamento del mandato di presidenza 2018-2022, l’Ingegner Maurizio Manfellotto, affiancato da una squadra di Presidenza così composta: 3 Vice Presidenti designati dal Presidente, su indicazione del Gruppo B tra cui il Cavaliere del Lavoro Costanzo Jannotti Pecci con delega alla riforma dello statuto ed agli affari interni, e dalle aggregazioni territoriali; 2 Vice Presidenti, designati dal presidente su indicazione del Gruppo A tra cui il Dottor Francesco Tavassi». E ora le questioni sulle quali si impegnavano, definite in sette punti.

Il primo: «L’istituzione, entro il primo mese di nuova Presidenza, di un Consiglio Direttivo che abbia la responsabilità di definire indirizzi e strategie dell’Unione al quale, oltre ai membri della squadra di Presidenza, saranno chiamati a far parte gli imprenditori associati più rappresentativi del territorio». Il secondo: «Il rilancio immediato la Fondazione Mezzogiorno Tirrenico (di Antonio D’Amato) decidendo concordemente di affidarne la responsabilità gestionale ad un imprenditore designato dal Gruppo B». Il terzo: «La riforma complessiva dello statuto e delle sezioni dell’Unione entro 9 mesi della nuova presidenza». Il quarto: «Il completamento, alla nomina della nuova presidenza, della composizione del Consiglio Generale con le due nomine su designazione del presidente del Cavaliere del Lavoro Antonio D’Amato, e del Cavaliere del Lavoro Giorgio Nicola Pino». Il quinto: «Il rinnovo della struttura manageriale ed organizzativa dell’associazione, concludendo il percorso professionale dell’attuale direttore generale l’avvocato Michele Lignola e assumendo con la qualifica di dg il dottor Francesco Benucci». Il sesto: «La definizione del rapporto con l’avvocato Lignola e l’assunzione della carica da parte del dottor Benucci dovrà avvenire, al più tardi, alla prima riunione del nuovo Consiglio di Presidenza». Il settimo: «L’assunzione entro il prossimo 7 settembre del dr. Francesco Benucci con la qualifica di Direttore alla Comunicazione. La designazione del rappresentante dell’Unione in Consiglio generale di Confindustria su indicazione del Gruppo B».

Il Riformista è riuscito ad avere il testo dell’accordo, ma non la copia dell’originale recante le firme. Pare, infatti, che il notaio che ha in custodia il documento firmato abbia avuto, nella lettera d’incarico, un’indicazione precisa: rilasciare l’accordo sottoscritto dalle parti solo se richiesto da tutti e sei i firmatari. Ergo, impossibile da avere. Un atto studiato nei minimi dettagli, un atto che ha saputo guardare lontano visto che la liaison è andata a farsi benedire e quindi uno dei firmatari avrebbe potuto ritirare il documento, e facendo un mea culpa, diffonderlo. A questo si aggiunge che, trattandosi molto probabilmente di una scrittura privata affidata solo fiduciariamente al notaio, non è stata registrata ai pubblici uffici. In quel caso sarebbe stato possibile conoscere questi “accordi” che, sembrano più somigliare a patti parasociali che ai principi democratici che dovrebbero governare una associazione di categoria. (I patti non sono vietati ma confliggono con gli interessi di una minoranza non citata, il tutto per quale scopo se non il predominio nella rappresentatività ma senza democrazia?). Ma burocrazia a parte, resta sul tavolo che se, a prescindere o meno dalla firma dell’accordo, la circostanza dovesse essere confermata dai diretti interessati, Roma dovrebbe prendere seri provvedimenti. Serissimi.

Altro che lettere segrete e indicazioni al dialogo e all’unità. Sia chiaro, nessuno dei protagonisti dell’accordo che sarebbe stato firmato ha infranto la legge, ma è altrettanto evidente che nessuno di loro ha rispettato il codice etico e i valori associativi stabiliti da Confindustria nazionale (lo statuto dell’Unione Industriali di Napoli è inaccessibile ai non iscritti, quello nazionale invece è aperto a tutti. Altro rebus…). Dicevamo, al paragrafo 6 “Etica e trasparenza” il regolamento parla chiaro: Confindustria è consapevole che dove non esistono etica e trasparenza non c’è possibilità di sviluppo per una sana attività economica e una libera e consapevole società civile. Confindustria orienta la propria azione, sia nei rapporti associativi, sia nei confronti degli Stakeholder, secondo comportamenti improntati all’etica e alla trasparenza, fondati su integrità, correttezza, lealtà, equità, imparzialità, indipendenza e autonomia di giudizio, chiarezza delle posizioni assunte e dei meccanismi decisionali e attuativi adottati, e assenza di conflitti di interesse. È solo uno dei tanti capitoli nei quali si richiama alla trasparenza e all’etica.

La scrittura privata, in barba a tutti gli altri associati ignari dell’accordo segreto tra pochi, va contro questi principi e quelli dell’elezione democratica di presidente, vicepresidente e così via. Un fatto gravissimo sul quale Roma questa volta non può tacere. Quello che è successo dopo la presunta firma dell’accordo, lo sappiamo tutti. Ambrogio Prezioso fonda Est(ra) Moenia (pestando i piedi all’associazione di Marilù Faraone Mennella, moglie di D’Amato) e si dimette dopo mesi di tensioni, Francesco Tavassi (reo di essere complice di Prezioso e di aver preso parte alla nuova associazione) viene cacciato via, poi fa ricorso e si dimette senza attenderne l’esito. Insomma dei toni cordiali dell’accordo non ne è rimasto nulla, se non il fatto che tutto è andato effettivamente secondo quanto si erano “giurati” in segreto…

 

CAOS ALL’UNIONE INDUSTRIALI DI NAPOLI, LE 4 DOMANDE DEL RIFORMISTA:

1. Quale provvedimento sarà preso nei riguardi di chi ha dichiarato ai giornali che la lettera inviata da Roma a Napoli era un falso?
2. Quale provvedimento sarà preso nei riguardi di chi ha deciso di eliminare dalla rassegna stampa di Unindustria Napoli gli articoli polemici?
3. Quale provvedimento si intende prendere verso la Fondazione Mezzogiorno, che esautora Confindustria per la gestione del Pnrr?
4. Qual è il giudizio di Confindustria sul conflitto di interessi tra chi aderisce alla Fondazione e chi resta iscritto solo all’Unione?

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.