Un piano operativo per la vaccinazione anti-Covid dei detenuti, della polizia penitenziaria e del personale amministrativo e socio-sanitario in servizio nelle circa 200 carceri italiane. A invocarlo è l’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane (Ucpi) che, in un documento ufficiale, stigmatizza l’inerzia delle istituzioni sul fronte della tutela sanitaria di chi vive e lavora in prigione. Una denuncia condivisa da Stefano Anastasia, garante dei detenuti della Regione Lazio, che si chiede: «Come mai i detenuti e le detenute non sono elencati tra le categorie alle quali l’antidoto al Covid-19 sarà somministrato con priorità?».

L’emergenza negli istituti di pena è conclamata dai numeri. L’ultimo report stilato dall’Osservatorio Carcere sulla base dei dati forniti dal Ministero della Giustizia, infatti, parla di 958 detenuti positivi al coronavirus di cui 868 asintomatici, 52 sintomatici gestiti internamente e 38 ricoverati in ospedale. Nella polizia penitenziaria e nel personale amministrativo, invece, le persone che hanno contratto il Covid sono rispettivamente 810 e 72. Eppure di un piano vaccinale per detenuti e personale non c’è ancora traccia. Tra le categorie alle quali l’antidoto al Covid sarà somministrato prioritariamente figurano medici e infermieri, ultrasessantenni, malati cronici, pazienti affetti da più patologie, addetti ai servizi essenziali come insegnanti e forze dell’ordine e chiunque viva in condizioni nelle quali non possa essere garantito il distanziamento fisico.

A nessuno, però, interessano i detenuti, nonostante questi siano particolarmente esposti al Covid a causa del sovraffollamento delle celle, che ostacola qualsiasi forma di distanziamento, e delle pessime condizioni igieniche di molti penitenziari, che favorisce la diffusione delle malattie. «È ora che il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria stilino un piano per la vaccinazione delle oltre 100mila persone che vivono e lavorano in carcere e, oltre a essere personalmente a rischio, sono potenziali diffusori del virus», ammonisce il penalista Riccardo Polidoro, responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Ucpi.

Opinione condivisa da Stefano Anastasia: «I detenuti – spiega il garante laziale – stanno vivendo la più dura delle carcerazioni, impediti in gran parte delle attività e dei contatti con l’esterno, finanche con i familiari che possono vedere di persona una volta al mese e separati da una barriera di plexiglas. Le carceri, si dice, sono come le residenze sanitarie assistenziali. Ma se l’età media è più bassa, la diffusione delle patologie pregresse è senz’altro importante e le condizioni igienico-sanitarie degli istituti di pena sono certamente peggiori di quelle delle rsa. Perciò bisogna intervenire subito».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.