“Condividere i fatti per salvare vite”. Così viene lanciato quest’anno il World Drug Report dell’UNODC, l’agenzia ONU che si occupa di supervisionare il sistema di controllo globale delle droghe illegali. Dal 1998, quando lo Zar antidroga era Pino Arlacchi, abbiamo sentito lanciare proclami di ogni tipo, anche se il suo “un mondo senza droghe in 10 anni” è rimasto negli annali per lungimiranza… In tutto questo tempo, in tutto il mondo, produzione, consumo e commercio di sostanze non hanno fatto altro che aumentare. In 23 anni si è passati da circa 173 a 275 milioni di persone, un aumento del 58%. Non esattamente a drug free world.

Si tratta di un aumento più che doppio se paragonato all’incremento della popolazione mondiale, un incremento che testimonia come le politiche globali non controllino niente, anzi sono state concausa di questa esplosione di consumi avendo creato con la proibizione un enorme valore aggiunto a prodotto che di per sé erano comuni e poco redditizi.  Il World Drug Report ci dice che neppure durante il lockdown, e lo stretto controllo degli spostamenti, si è avuto un qualche effetto di riduzione del narcotraffico. Così come i consumi si sono autoregolati, le narcomafie hanno preso nuove strade, sia per quel che riguarda il commercio al dettaglio che per quello che riguarda il traffico all’ingrosso. Poco importa se carichi più grossi portano a rischi più grossi, come il sequestro di 14 tonnellate di amfetamina nel porto di Salerno all’inizio della primavera. 

Le sostanze illegali acquistano valore nello spostamento dai paesi produttori a quelli consumatori e i sequestri rappresentando pochi punti percentuali di quel quasi 100% di aumento di valore delle droghe durante il trasporto verso i mercati finali. Il rapporto di questi anni raccoglie dati degli ultimi 24 mesi, e purtroppo non da tutti gli Stati Membri delle Nazioni Unite. Ricorda inoltre che dei 275 milioni di consumatori, 36 milioni di queste, il 13% del totale, ha sviluppato un uso problematico. Oltre 11 milioni sono invece le persone che si iniettano droghe di cui una metà convive con l‘epatite C.  Gli oppioidi rappresentano il maggior carico di malattie attribuito al consumo di droga. Non sempre però si tratta di sostanze proibite, le circa 50.000 persone morte per overdose da oppiacei negli Stati Uniti nel 2019 sono state vittima di sostanze legale o cocktail letali. Più del doppio dei decessi rispetto al 2010! 

Circa 200 milioni di persone, il 4% della popolazione mondiale, hanno usato cannabis nel 2019. Anche qui il numero di consumatori è aumentato di quasi il 18% negli ultimi 10 anni. Per quanto riguarda invece la cocaina le stime parlano di 20 milioni di persone, lo 0,4% di chi vive sulla terra.  C’è poi il nuovo mercato, prevalentemente di “pasticche”, che si interessa il cosiddetto dark web, uno spazio che durante la pandemia ha visto un incremento significativo. L’UNODC stima che il giro d’affari abbia raggiunto 315 milioni di dollari annui. Sebbene si tratti di una frazione delle vendite complessive di stupefacenti, la tendenza è in aumento di quattro volte tra il 2011 e la metà del 2017 e tra la metà del 2017 e il 2020.  Il numero di nuove sostanze psicoattive riscontrate a livello globale si è stabilizzato a poco più di 500 sostanze (541 nel 2019) mentre il numero effettivo di composti individuati per la prima volta a livello globale è sceso da 213 a 71 tra 2013 e 2019.

Infine anche qualche “buona notizia”, gli oppioidi farmaceutici più comunemente usati per trattare le persone con disturbi da uso di oppiacei, metadone e buprenorfina, sono diventati sempre più accessibili negli ultimi 20 anni. La quantità disponibile per uso medico è aumentata di sei volte, da 557 milioni di dosi giornaliere a 3.317 milioni “indicando che il trattamento farmacologico basato sulla scienza è più disponibile ora che in passato”. Ma anche qui andrebbero analizzati meglio i numeri e la loro provenienza geografica.  I dati parlano chiaro e basterebbe leggerli per rivedere certi “allarmi”. Ad esempio, per tornare alla polemica nazionale, che i test antidroga sono inutili se non dannosi. Dagli studenti ai politici, non fanno altro che stigmatizzare chi usa sostanze nella propria vita privata come qualcuno “in fallo”, chiudendo il dialogo ed emarginando le persone. Come documenta il Libro Bianco sulle droghe uscito l’altro giorno, le percentuali dei positivi ai testi sono bassissime. Il che non vuole giustificare in alcun modo chi si mette alla guida sotto l’effetto di droghe (o alcol), ma vuole agganciare il dibattito pubblico alla realtà: solo lo 0,06% dei circa 30 milioni di conducenti controllati dai Carabinieri dal 2017 al 2020 è risultato positivo e denunciato. Dei 40.512 incidenti rilevati dalla Polizia Stradale nel corso del 2020 solo nell’1,46% dei casi è stata contestata la guida in stato alterato. 

Eppure non si perde occasione per insistere con gli stessi allarmi del “tutta colpa del drogato”, nel senso di droghe illegali, per giustificare un livello di repressione talmente altro da portare in carcere per droghe in Italia una percentuale quasi doppia rispetto alla media europea e mondiale: 35% contro rispettivamente 18 e 20%. La Ministra Dadone, dopo aver annunciato l’intenzione di convocare la Conferenza nazionale sulle droghe, pare esser intenzionata a rispettare anche i termini previsti dalla legge per la pubblicazione della Relazione annuale sulle droghe, inviandola alle Camere entro la fine di giugno. Si tratta di novità potenzialmente molto positive ma che, proprio per i motivi per cui si produce lo studio tutti gli anni e si deve organizzare l’incontro a cadenza triennale, oltre che “fatti” vanno anche usati.

La Relazione per informare il Parlamento dello stato dell’arte e la Conferenza per valutare se in effetti si viva in un contesto dove l’impatto della legge sulle droghe e le politiche derivanti abbiano sortito l’effetto sperato. Alla ministra Dadone adesso l’onore e l’onere di esser conseguente a quando politicamente deciso: occorre avere presto una Relazione ben presentata alle Camere e una Conferenza inclusiva, trasparente e partecipati fin dalle sue fasi organizzative. Le premesse, e la disponibilità da parte di chi segue in modo disinteressato la questioni ci sono. Adesso occorre solo la volontà politica di tradurre in fatti le parole.

Marco Perduca, Leonardo Fiorentini

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