Liti, disinformazione e filosofi star
Basta scontri come quello tra Scanzi e Contri e la disinformazione: la TV è la vera riforma da fare
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Nello stesso in giorno in cui l’Economist celebra il governo Draghi indicandolo come il modello politico dell’anno la Stampa pubblica un editoriale di Cacciari nel quale si presenta la democrazia italiana come vittima sacrificale della sperimentazione biopolitica e ormai alle soglie di una deriva autoritaria e illiberale. La schizofrenia degli organi della famiglia Agnelli mostra la difficoltà di decifrare i processi di determinazione del consenso nel tempo dei pubblici frammentati.
Negli studi sulla comunicazione politica si postula che i nuovi media sono il cantiere della inciviltà, dell’aggressività verbale, della distruzione simbolica dell’ambito pubblico, mentre le agenzie più tradizionali dell’informazione resistono al linguaggio della maleducazione e della polarizzazione. Se si osserva il dibattito pubblico sul vaccino questo assioma che si muove nell’alveo del determinismo tecnologico sembra uscire fortemente intaccato. All’appuntamento torinese dei filosofi contrari al green pass hanno assistito live appena duemila persone attraverso i canali offerti dal web e dalle piattaforme on line. Un fenomeno di nicchia di per sé irrilevante e nettamente al di sotto di ogni aspettativa che è invece rimbalzato in maniera prepotente nella sfera pubblica grazie all’effetto di amplificazione imputabile ai giornali e alla televisione. È proprio dove resiste la funzione del mediatore che in Italia sorgono rappresentazioni polarizzate ed emozionali. Problemi di agibilità democratica si presentano in tal senso come l’effetto dei meccanismi di ibridazione che offrono un rigonfiamento alla post-verità.
Il manifesto ideologico della riunione di Torino è diventato addirittura, con la penna di Cacciari, l’editoriale del quotidiano della famiglia Agnelli, un foglio molto presente nel fiancheggiamento alle posizioni “filosofiche” che esortano alla resistenza contro la biopolitica quale nuova frontiera del capitalismo delle multinazionali. Dopo aver pianto per la morte della decisione espropriata dai signori del capitale, i filosofi si accalorano per una sovranità che osa pretendere un buchino al braccio di ciascuno per salvare la vita, la sanità pubblica, l’esperienza sociale nelle sue molteplici manifestazioni. Ma un altro editore torinese con La7 si è specializzato nella trasformazione della pandemia in uno spettacolo continuo nel quale la voce del dubbio a prescindere elimina ogni precauzione critica e autorizza a esibizioni di relativismo che conducono al trionfo della doxa sull’episteme, della voce urlante sul sapere. Se la funzione di filtro e di mediazione è quella svolta dal conduttore delle reti di Cairo è allora meglio la disintermediazione, il selvaggio pullulare dei dialetti violenti che circolano nell’universo della rete e della platform society.
La post-verità trionfa con le scenette di un filosofo che lancia sentenze definitive aggrappandosi all’autorevolezza di un nobel dal nome di pura invenzione, che sforna cifre del tutto fantasiose sul contagio in Giappone o in Islanda senza che la conduttrice fornisca le informazioni minime per contrastare le fake news e svolgere una funzione pubblica. L’astuto Mentana si è vantato di non chiamare nei suoi programmi il rappresentante no-vax, ma ha anche aggiunto che le prove “virosofiche” di Cacciari vanno sempre ospitate nelle trasmissioni perché i suoi affondi sul carattere sperimentale dei vaccini rientrano tra le legittime opinioni del costituzionalismo. Quando su La7 compare ormai come ospite fisso il giurista non vaccinato Mattei (privato anche nelle sue imprese di resistenza della copertura “dell’illuminista meridionale” Rodotà) che scatena tra gli ospiti ilarità per cifre errate sulle spese pubbliche, per il ricorso a fonti inattendibili e ribaltate sulla percentuale dei non vaccinati tra i ricoverati, non si può che pensare con un velo di tristezza, dinanzi ad un’élite divenuta incivile nel ricorso ad una argomentazione tossica nel negare fatti scientifici, alla grande scuola giuridica dell’ateneo torinese che fu di Mosca, Solari, Einaudi, Bobbio, Elia, Zagrebelsky, Dogliani.
Il vero punto dolente, che smonta la dottrina del giornalista mediatore come filtro che svolge una funzione costruttivo-selettiva mancante nella comunicazione online che si configura come una dimora delle fake news, si ha però con Carta Bianca, che ricorre a tattiche spregiudicate e molto trash per catturare quote residue di audience e schizzare negli indici per qualche percentuale. Non bastava lasciare sfogo alle parole disordinate di Corona sulle dimensioni dei suoi organi sessuali, sulla precauzione da adottare quando “la moglie non te la dà”, la rete pubblica immersa nella spirale del cinismo è stata anche la più lesta di tutte nell’arruolare il comunicatore reclutato a Torino da Cacciari e Agamben. Il duello tra Contri (in consiglio di amministrazione Rai per conto della destra post-missina) e Scanzi (che dovrebbe però ripetere le stesse esibizioni ad personam contro Travaglio, che non la pensa diversamente da Contri, Freccero, Agamben, Cacciari) non ha nulla da invidiare alle manifestazioni di ostilità che vanno in scena nei social media. Il paradigma del rispecchiamento (della incivility del pubblico) adottato dalla Rai conduce alla archiviazione di ogni funzione costruttiva della informazione.
Il degrado tossico del dibattito pubblico in Italia non è la semplice conseguenza delle nuove tecnologie digitali che creando bolle autoreferenziali lasciano sfogo alle intemperanze degli esclusi portatori di rabbia e risentimento contro l’universo. Il fondamento dell’eutanasia dello spazio pubblico è nella strategia di infantilizzazione distruttiva adottata dalla antica televisione generalista. Per questo la celebrazione di Draghi come leader dell’anno non rassicura sulle sorti della politica italiana. Sono infatti sempre attive le pratiche distruttive della polarizzazione populista e la professione incivile della rete pubblica opera con il suo disordine informativo permanente come un formidabile veicolo di antipolitica. La vera “riforma intellettuale e morale” sarebbe oggi quella della riduzione dell’inquinamento informativo della televisione pubblica, ma nessun governo ha mai osato sfidare la mercificazione assoluta delle coscienze che procede attraverso la infantilizzazione della percezione della realtà.
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