L’emergenza del gas e l’inflazione
Caro bollette e aziende in crisi, perché lo scostamento di bilancio è inevitabile e non è “un debito cattivo”
Alla fine, potrà risultare inevitabile ricorrere a un nuovo scostamento di bilancio per le risorse necessarie, non più recuperabili altrimenti, a fronte della valanga di chiusure di aziende e delle condizioni soprattutto dei ceti meno favoriti per l’impennata dei prezzi dei beni alimentari, tra i quali, da ultimo, si profilerebbe il latte a 2 euro al litro.
È vero: finora in misure di sostegno e aiuti sono stati complessivamente impiegati 50 miliardi circa senza ricorrere, da parte del Governo, a nuovo debito, ma operando all’interno del bilancio vigente. Tuttavia, proprio perciò i margini per proseguire su questa linea si sarebbero esauriti, mentre permane la richiesta di alcune forze politiche di varare lo “scostamento” – per una manovra, secondo qualcuno, intorno ai 30 miliardi di nuova esposizione dello Stato – ma altri sono in disaccordo, per il messaggio che si potrebbe trasmettere di un asserito lassismo sul debito.
La resistenza dell’Esecutivo dimissionario è variamente spiegabile: la parte migliore delle motivazioni segnala i rischi dell’assunzione di nuovo debito per la credibilità del Tesoro sui mercati, mentre si diffondono voci di possibili attacchi speculativi, come quelle di recente riportate dal Financial Times; concorre, altresì, un intento di tutelare l’immagine di un Governo e dei membri che lo compongono, a partire dal presidente Draghi, mentre si profila a breve il passaggio delle consegne e sembra apparire, da un certo punto di vista, normale trasferire il problema ai successori. Tuttavia, oggi restiamo in uno “stato di eccezione”; dunque, la tempestività degli interventi può essere decisiva. Ma, naturalmente, occorrerebbe un’ampia adesione dei partiti ora in competizione anche per il “quorum” parlamentare richiesto per l’approvazione dello “scostamento”, qualora il Governo, “melius re perpensa”, decidesse di vararlo.
Diversamente, il nuovo Governo che si riuscirà a comporre difficilmente potrà sottrarsi a questo problema, mentre dovrà provvedere alla stesura della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza ( o, eventualmente, alla conferma di quella predisposta dall’Esecutivo uscente) e alla proposta della legge di bilancio per il 2023: impegni, questi, fondamentali, ai quali potrà corrispondere nel migliore dei casi, se non vi saranno intoppi, non prima dell’ultima parte del mese di ottobre. Molto dipende dall’importo dello “scostamento”, dovendosi escludere un livello sproporzionato, dalle finalità che con esso si intendono perseguire e dal contesto nel quale viene inquadrato, nonché, non per ultimo, dall’adesione della Commissione Ue.
Inserito in un piano organico per il gas e per affrontare le altre conseguenze della crisi, senza smarrire il compito di governare la finanza pubblica in un periodo di emergenza, la decisione in questione non potrebbe essere vista come generatrice di “debito cattivo” (o ci siamo dimenticati della nota classificazione draghiana e dell’articolo sul Financial Times scritto da Draghi quando non era ancora Premier?). Qui si tocca il ruolo dell’Unione. La mancanza di progettazione e programmazione ha caratterizzato un’ampia fase dell’attività delle istituzioni comunitarie: stupisce che siano state comminate le sanzioni alla Russia – sia chiaro, necessarie – senza avere elaborato un strategia di contro-misure per contrastare le reazioni che certamente vi sarebbero state come poi si è visto, innanzitutto agendo sul gas.
Anche ora, mentre si progetta l’introduzione di un tetto al prezzo del gas, non si affronta il tema del potere contrattuale per poter validamente attuare questa innovazione, né si tiene conto delle prevedibili “controffensive” russe. Si pensa, poi, per la riunione del Consiglio dei Ministri a Bruxelles del 9 settembre, solo al disaccoppiamento tra il prezzo del gas e quello delle fonti per l’energia elettrica. In un secondo momento – sembra – si adotterebbe il “price cap” per il gas. Eppure, servirebbe un piano complessivo, al quale si dovrebbero raccordare i programmi nazionali, non la decisione di misure separate, “a pezzi e bocconi”.
In tale quadro, si colloca pure una limitata assunzione del debito, con una mutualizzazione a livello europeo, per un progetto in materia energetica e per il contrasto dell’inflazione che ad agosto, nell’Eurozona, ha raggiunto il 9,1 per cento. L’esigenza di una tale iniziativa rispetto ai rilevanti rischi dell’inerzia è tale da legittimare anche la eventuale decisione di correre rischi minori. L’8 settembre si riunirà il Consiglio direttivo della Bce per decidere sicuramente l’aumento dei tassi di riferimento: diverse sono le previsioni, che vengono effettuate da esperti e operatori, del probabile ammontare dell’incremento che i più ritengono dello 0,75 per cento. È fondamentale, però, che il giusto contrasto dell’inflazione – dopo il grave errore compiuto dalla Bce di considerare per circa due anni transitorio l’aumento dei prezzi – sia bilanciato dall’esigenza di non frenare o annullare la crescita. L’affermazione della linea rigoristica produrrebbe solo danni, ma danni causerebbe anche la mancanza di prevenzione, di misure d’anticipo.
Un raccordo tra politica monetaria e politica economica e di finanza pubblica a livello europeo e dei singoli Paesi è cruciale. Sono, questi. passaggi che possono impattare in un modo o nell’altro per ridurre o accentuare l’esigenza di uno scostamento di bilancio. Come, del resto, opera nella stessa direzione la tassazione dei sovra-profitti delle imprese dell’energia, a proposito della quale, per scongiurarla, si cita, la sentenza della Corte Costituzionale del 2015 che dichiarò l’illegittimità costituzionale della “Robin tax”, ma non si ricordano tutte le argomentazioni, contenute nella pronuncia, favorevoli a imposizioni del genere se ben costruite. Dunque, non sussiste alcun “alt” a intervenire. In definitiva, vi è bisogno di una visione d’insieme, anche da parte di un Esecutivo dimissionario, che leghi le misure occorrenti in queste settimane e inevitabili alla prospettiva che sarà materia del nuovo Governo.
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