Il caso Open, sarà la maledizione del nome, non si chiude. E anche dove la Cassazione aveva deposto la pietra tombale, disponendo la distruzione dei brogliacci delle intercettazioni – ritenute illecite – che riguardano Matteo Renzi, Marco Carrai ed altri, ecco che nuove copie affiorano qua e là, impunemente prodotte in violazione della sentenza della Corte suprema. A sollevare il caso è oggi una denuncia-querela depositata da Marco Carrai. L’amico e consulente di Renzi ha dato mandato ai suoi legali, Massimo Dinoia e Filippo Cei, di procedere contro il Procuratore, Luca Turco.
Al titolare delle indagini fiorentine viene contestata la violazione dell’art.479 c.p., falso ideologico in atti pubblici, riservandosi di costituirsi parte civile. Per descrivere la situazione che Carrai fa oggetto del suo esposto, l’imprenditore fiorentino ricorre al titolo dell’indimenticabile film di Miklós Jancsó: “Vizi privati, pubbliche virtù”. Perché duplice sarebbe stato l’approccio del Procuratore Turco – che a Firenze è facente funzione, in attesa della nomina del nuovo Procuratore Capo – alle disposizioni della Suprema corte. Nella ricostruzione di Carrai tutto starebbe su un doppio binario: “La condotta che ha tenuto Turco è stata, per quanto appariva dall’esterno, del tutto ineccepibile, mentre parallelamente, ed in gran segreto, faceva l’esatto contrario di quanto dava mostra di voler fare”.
Se il 18 febbraio scorso il Procuratore aveva preso atto della notifica con la quale la Cassazione ordinava l’esecuzione del dispositivo della sentenza, che prescriveva “la restituzione di quanto in sequestro senza trattenimento in copia dei dati”, ovvero la distruzione di tutte le copie dei dati copiati dai cellulari, il successivo 8 marzo egli stesso avrebbe segretamente inviato dei materiali proibiti al Copasir. Di cosa si sarebbe trattato? Non solo dell’annotazione della Guardia di Finanza contenente l’esito delle analisi dei reperti informatici sequestrati ma anche “dell’intera copia forense del materiale sequestrato al Carrai”. Quindi mentre la Procura dava atto di aver distrutto tutte le copie dei documenti di Carrai, ne mandava una copia al Copasir. Dove si sa, per effetto della codificazione documentale segreta gli atti vivono poi una vita propria, entrando, volenti o nolenti, nella disponibilità del vertice dei servizi stessi.
È lo stesso soggetto indagato ad apprenderlo, con comprensibile sorpresa, all’indomani del 26 aprile: “Il giorno prima dell’udienza preliminare la stampa dava notizia che la Procura di Firenze avrebbe inviato al Copasir il materiale che mi era stato sequestrato e che in quel momento si riteneva essere tutto cancellato o in fase di cancellazione”, mette agli atti Carrai. Le conclusioni della denuncia sono conseguenziali alla descrizione dei fatti: “Il dott.Turco – conclude Carrai – nella sua qualità di pubblico ufficiale ha dichiarato, in due atti pubblici, circostanze false, sapendo perfettamente che fossero tali”. Il fascicolo passa a Genova, competente per la Procura di Firenze. Se i colleghi genovesi di Turco decidessero di non archiviare, recependo l’esortazione del ministro Carlo Nordio di smetterla con l’autotutela delle toghe, le carte passerebbero direttamente al Csm.
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