La Corte Costituzionale ieri ha giudicato ammissibile il ricorso del Senato sulla violazione dell’articolo 68 Costituzione nei confronti di Matteo Renzi da parte della Procura di Firenze.
La vicenda riguardava l’inserimento nel fascicolo d’indagine sulla Fondazione Open della messaggistica intercorsa fra l’ex premier e l’imprenditore Vincenzo Manes all’indomani del sequestro del cellulare di quest’ultimo. Nel fascicolo, aperto con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti, erano anche finite delle mail fra Renzi e Marco Carrai, oltre a degli estratti conto. La Procura si era ‘difesa’ affermando che la norma parla di corrispondenza e non di WhatsApp o di mail.

“Appare utile rilevare che negli ultimi anni il concetto di ‘corrispondenza’ ha subito un’evoluzione ‘tecnologica’: a quella nel tradizionale formato cartaceo si sono aggiunte forme di corrispondenza di tipo elettronico, quali ad esempio mail, sms, messaggi WhatsApp, ed altro“, aveva affermato all’epoca la senatrice di Forza Italia Fiammetta Modena, relatrice della proposta, poi approvata anche con i voti del Pd, sul conflitto di attribuzione. L’ex senatrice azzurra si era soffermata sulla “segretezza”, il principale criterio distintivo della corrispondenza: per quella cartacea è garantita “dalla chiusura in una busta del testo scritto”, per quella elettronica, “dalla visibilità esclusiva della stessa da parte del destinatario, ad esempio attraverso l’utilizzo del cellulare”. A proposito dei messaggi WhatsApp, “salvo il destinatario, a meno che un terzo non si appropri del suo cellulare, nessuno può visionarli”, così come nessuno può visionare una corrispondenza cartacea destinata a terzi, “a meno che non apra la busta”.

Ed è assimilabile alla corrispondenza anche l’estratto conto inviato dalla banca a Renzi, connotandosi “come corrispondenza intercorsa tra la banca ed il cliente”. La segretezza è ancora più accentuata per le mail intercorse tra Carrai e Renzi: “La mail presuppone infatti un account e l’inserimento della password per leggere la posta, assimilabile in toto all’apertura della busta di una lettera cartacea. Per tutte queste ragioni, non avendo i pm fiorentini chiesto l’autorizzazione al Senato, i sequestri sono “illegittimi”, avendo comportato una lesione delle guarentigie del parlamentare “a prescindere dall’utilizzo o meno di tale mezzo di prova nei confronti di Renzi”.

Secondo alcune sentenze della Cassazione, all’epoca dei fatti subito sbandierate da Marco Travaglio, “i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono – sms, messaggi WhatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio – hanno natura di documenti e pertanto l’attività di acquisizione non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche”. In pratica, la corrispondenza del parlamentare tutelata dalla Costituzione sarebbe solo quella con la busta ed il francobollo. La decisione della Consulta è attesa per i primi mesi del prossimo anno.