Al dottore Gian Carlo Caselli il discorso di Matteo Renzi non è piaciuto. Gli dispiace, tra l’altro, il fatto che «ogni cittadino che abbia qualche problema con la giustizia» potrebbe essere d’accordo con le considerazioni del senatore su certo modo di intendere e di esercitare il potere di giurisdizione. Caselli se ne è lagnato giusto l’altro giorno con un suo articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, e tra le tante censure che ha rivolto al discorso tenuto da Renzi in Senato c’era appunto questa: che i cittadini con “problemi di giustizia” potrebbero condividerne le ragioni. E il fatto che possano condividerle, scrive Caselli, così pericolosamente autorizzati da un parlamentare che li istiga a pensarla in modo tanto irrispettoso, rischia poi di contaminare i sentimenti degli stessi politici adunandoli in una cospirazione che determina il danno capitale: l’«insofferenza verso i magistrati indipendenti».

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È difficile che lo si faccia sui giornali e dagli studi tv che ospitano i suoi interventi, ma qualcuno dovrebbe spiegare al dottore Caselli un paio di cose. Innanzitutto, che ad avere e a sperare di poter manifestare idee diverse dalle sue, forse, non sono soltanto i cittadini con “problemi di giustizia” ma anche altri. Altri che percepiscono come un salutare diritto, e non come un pericolo, la possibilità di avere e manifestare idee contrarie rispetto alle uniche che certi esponenti della magistratura ritengono ammissibili. Non sappiamo peraltro se si tratti addirittura di insofferenza. Se pure fosse, certamente sarebbe imparagonabile a quella che certi magistrati dimostrano verso chiunque si azzardi a sottoporre a qualsiasi critica i loro comportamenti. E altrettanto certamente non si tratta di insofferenza verso “i magistrati” ma verso alcuni di essi. In particolare quelli per i quali essere “indipendenti” significa sottrarsi al diritto altrui di denunciare gli errori di chi amministra la giustizia, e il mantenimento di una signoria indiscutibile non solo nel processo ma nel dibattito pubblico in argomento di giustizia.

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Infine (Caselli gli rimprovera anche questo) può pur darsi che il discorso di Renzi trovi causa nella sua vicenda personale piuttosto che in preoccupazioni di profilo istituzionale: ma una stortura non si raddrizza obiettando che chi la denuncia lo fa per interesse personale. A qualcuno non piacerà sentirselo dire, ma i problemi con la giustizia li abbiamo tutti, e non perché siamo tutti delinquenti ma perché questa giustizia è un problema per tutti. Se anziché solo in Senato si cominciasse a denunciare quel problema ovunque altrove, magari con qualche corteo finalmente composto, non sarebbe un pericolo: sarebbe un indizio di reviviscenza civile. Una bella cosa pubblica rivolta all’affermazione del diritto.