Le telefonate fra Cosimo Ferri e Luca Palamara devono essere trascritte. Tutte. Inizia questa mattina la sei giorni di fuoco, che si concluderà martedì prossimo davanti alla sezione disciplinare del Csm, per l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. La prima tappa di questo tour de force, che rischia di “riterremotare” a un anno di distanza dai fatti dell’hotel Champagne la magistratura, è al palazzo di giustizia di Perugia. Davanti al gip Lidia Brutti è prevista l’udienza stralcio per la richiesta della trascrizione delle telefonate e dei colloqui intercettati con il trojan nell’ambito dell’indagine per corruzione nei confronti di Palamara. Secondo l’accusa, il magistrato sarebbe stato per anni sul libro paga dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, mettendo a disposizione il suo ruolo di consigliere del Csm.

I legali del pm romano, gli avvocati Roberto Rampioni e Benedetto Marzocchi Buratti, hanno preparato una nutrita lista di colloqui da trascrivere. In particolare, appunto, quelli fra Palamara e il deputato ex Pd ora Iv Ferri, magistrato in aspettativa e ai tempi leader di Magistratura indipendente, la corrente di destra delle toghe. Il motivo è semplice. La difesa di Palamara punta a dimostrare che gli incontri fra i due, ad iniziare dalle cene, non erano mai casuali ma sempre programmati per tempo. Non essendoci quindi “casualità”, l’intercettazione con il trojan non poteva essere effettuata in ossequio alle prerogative del parlamentare. A dire il vero era stata la stessa pm Gemma Miliani a ordinare con una nota formale al comandante del Gico della guardia di finanza di spegnere il trojan quando Palamara si fosse trovato con dei parlamentari. Nota che invece è stata disattesa. Il perché è il grande punto interrogativo dell’indagine di Perugia. Se i finanzieri avessero eseguito gli ordini del pm, il dopo cena dell’hotel Champagne non sarebbe stato registrato, cinque consiglieri del Csm non si sarebbero dimessi, Marcello Viola sarebbe il nuovo procuratore di Roma e, molto probabilmente, Pietro Curzio non sarebbe diventato ieri il primo presidente della Cassazione.

Il responsabile delle operazioni era il colonnello Gerardo Mastrodomenico che, come disse Palamara a Luca Lotti, era uno degli uomini di fiducia del “Pigna” cioè di Giuseppe Pignatone, l’allora procuratore di Roma. Mastrodomenico era il comandante della seconda sezione del Gico. Dopo questa indagine venne promosso comandante provinciale di Messina. Anche il suo capo, Paolo Compagnone, è stato promosso. È uno dei generali più giovani della guardia di finanza e comanda ora il provinciale più importante d’Italia, quello di Roma. Tornando a Mastrodomenico, è lui che ha anche firmato l’informativa del 10 aprile del 2019 destinata ai pm umbri in cui descriveva i rapporti fra Palamara e Ferri contraddistinti da “opacità”, termine che normalmente si usa per gli appartenenti alla criminalità organizzata.

Ovviamente Mastrodomenico non ha fatto tutto da solo. Chi aveva materialmente le “cuffie” in testa erano i marescialli Roberto Dacunto e Gianluca Burattini. I due sottufficiali sono stati aiutati dall’appuntato Fabio Del Prete. Le intercettazioni telefoniche infatti possono essere effettuate solo dagli ufficiali di polizia giudiziaria. L’appuntato, invece, ha la qualifica di agente di pg. Complessivamente le registrazioni sono state 180. Le attività di ascolto, particolare importante, non vennero effettuate, come prevede la norma, presso la sala ascolto della Procura, ma, dopo aver remotizzato su disposizione dei magistrati gli apparati, direttamente presso la sede del Gico di Roma in via Talli.

All’udienza di questa mattina la Procura sarà rappresentata dai due titolari del fascicolo: i pm Mario Formisano e Gemma Miliani. Daranno il via libera alla richiesta dei legali di Palamara o si opporranno, chiedendo che i nastri vengano distrutti? È la domanda della vigilia. Il rischio della inutilizzabilità di gran parte del materiale raccolto incombe. E, a seguire, può condizionare il procedimento disciplinare a carico di Palamara che si basa proprio su questi colloqui “illegalmente” ascoltati. Per la decisione del giudice Brutti bisognerà attendere qualche giorno.