Il Decreto Semplificazioni vede la luce e rimette pace, miracolosamente, alle polemiche tra i partiti. Dopo aver speso molte energie nel batti e ribatti che si è prefissato con Salvini, Enrico Letta inforca la via maestra e rimette i piedi nel piatto delle grandi riforme. Lo fa toccando quattro punti essenziali, con quattro proposte puntuali che il Pd fa proprie. Comincia con una battaglia contro il gruppo misto di Camera e Senato, che «dovrebbe essere un faticoso purgatorio, ma è un paradiso per parlamentari che fanno quello che vogliono e senza alcun controllo».

Al suo posto, Letta vedrebbe bene il gruppo dei non iscritti, come nel Parlamento europeo. E poi lancia la suggestione della sfiducia costruttiva, «per sostituire un governo con un altro, come in Germania: non si può fare se non indichi già la nuova maggioranza». E punta poi ad un vulnus lacerante, chiedendo l’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione per regolare la vita dei partiti. Un tema che riguarda quasi tutti, ma in maniera eclatante l’alleato a Cinque Stelle. Il Movimento oggi vive l’impasse più grave, non può eleggere il suo leader perché non conosce i suoi iscritti, e va verso un problema immediato non meno serio: chi detiene il simbolo M5S, legalmente, oggi? Perché a Roma, Napoli, Milano c’è da presentare le liste e a farlo potrebbero perfino essere gruppi diversi tra loro, in assenza di una gerarchia, di un regolamento, di una titolarità riconosciuta.

C’è poi nei desiderata del leader Pd la necessità di rimettere mano alla legge elettorale. «La malattia democratica si è acuita con le liste bloccate e i criteri di cooptazione e fedeltà». L’acuirsi della malattia nell’ottica dem si riverbera su un consenso elettorale che finisce per premiare la destra. Lega e Fdi, sommati, sono stabilmente sopra il 40% e per provare a batterli serve un centrosinistra largo capace di «incontrarsi con i 5 stelle». Dopo aver incontrato il premier Draghi, Letta sposta dunque l’asse sul futuro («Serve un Pnrr delle riforme»), senza esacerbare le criticità sulla decretazione in corso. Vero, i sindacati sono tornati in piazza, ma più per ribadire l’importanza del ritorno alla concertazione che per alzare barricate.

Il giorno dopo l’incontro con il premier, grazie al quale hanno incassato lo stralcio dal decreto semplificazioni del massimo ribasso per gli appalti, i leader sindacali si sono dati appuntamento a piazza Montecitorio – ricevuti poi a palazzo dal presidente della Camera Roberto Fico –per sollecitare il Parlamento a modificare la norma sui licenziamenti. Per il leader della Cgil Maurizio Landini la mobilitazione «continua, perchè la partita non è chiusa». Concluso il presidio dei sindacati, ha preso il via l’atteso Consiglio dei Ministri con il Dl Semplificazione finalmente al voto. Le novità sono importanti e recepiscono tanto la piazza sindacale quanto le trattative bilaterali: il nome del decreto è rispettato, al di là della retorica si vedono misure sulla semplificazione per appalti su opere pubbliche. Sale al 50% la soglia per i subappalti fino al 31 ottobre 2021, sia pure in una “fase transitoria”.

Nei bandi di gara e nei contratti pubblici previsti dal Pnrr «è requisito necessario dell’offerta l’assunzione dell’obbligo ad assicurare una quota pari almeno al 30 per cento, delle assunzioni necessarie per l’esecuzione contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, all’occupazione giovanile e femminile». Il decreto prevede l’accesso semplificato per usufruire del beneficio fiscale del Superbonus 110%, attraverso la Comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila). Ma c’è anche la garanzia richiesta dal Pd e in particolare da Franceschini: con l’istituzione di una Soprintendenza speciale per il Pnrr, ufficio di livello dirigenziale generale straordinario operativo fino al 31 dicembre 2026, per svolgere funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici. Infine, luce verde per la «Piattaforma Dgc (Digital Green Certificate) per l’emissione, il rilascio e la verifica delle certificazioni Covid-19 interoperabili a livello nazionale ed europeo è realizzata, attraverso l’infrastruttura del Sistema Tessera Sanitaria e gestita dalla stessa per conto del Ministero della salute, titolare del trattamento dei dati generati dalla piattaforma medesima». Il pass vaccinale internazionale è realtà.

Al termine della riunione soddisfazione generale: per Italia Viva «si è raggiunto un risultato insperabile fino a poche settimane fa». Boschi twitta: «Messo il turbo». Il Movimento Cinque Stelle vede riconosciute le sue istanze, Forza Italia gongola e tra i ministri scrive l’happy end Renato Brunetta: «La prima milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza è raggiunta. Nel pieno rispetto del cronoprogramma, il cdm ha approvato il decreto per far marciare veloci i progetti del Recovery Plan».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.