Uno dei matematici più interessanti e affascinanti di ogni epoca è sicuramente John Von Neumann. Nato a Budapest agli inizi del Novecento da una famiglia agiata dell’alta borghesia ebrea della sfavillante città dell’epoca, Janos (questo era io suo nome ungherese) dimostrò subito la sua intelligenza mirabolante, assolutamente fuori dall’ordinario. Fin da bambino, infatti, padroneggiava il greco antico e il latino e parlava correntemente, oltre all’ungherese, il francese, l’inglese e il tedesco. Si racconta che leggesse di tutto assimilando con rapidità e memoria strabiliante tutto ciò che leggeva. Però la sua vera vocazione era la matematica. Aveva un talento straordinario sia per la matematica pura sia nel vedere le innumerevoli applicazioni e traduzioni pratiche che la matematica può avere. Come dice in una sua bellissima biografia Ananyo Bhattacharya, “i risultati ottenuti da Von Neumann in campo matematico a metà del ventesimo secolo, ci appaiono ogni anno che passa anticipazioni del futuro, in modo sconcertante”. L’influenza del pensiero del matematico ungherese naturalizzato americano spazia dall’informatica alla tecnica, dall’economia alla politica, alla psicologia.

A trent’anni, nel 1933, si trasferì negli Stati Uniti e andò a insegnare a Princeton, al Trinity College, sulle orme di Hardy, Russel, Keynes e coevo di Einstein e Gödel. Per la comunità matematica, era il più geniale e brillante di tutti. A lui dobbiamo il primo calcolatore universale, l’architettura degli hardware, la teorizzazione e anche l’applicazione del bit come unità di misura elementare dell’informazione, un contributo alle ricerche sulla bomba atomica del gruppo Manhattan di Los Alamos di molto superiore a quello dato dallo stesso Oppenheimer, una spinta determinante alla fisica e meccanica quantistica, l’invenzione di fatto dell’Intelligenza artificiale, la formulazione, insieme all’economista Morgenstern, della teoria dei giochi. La sua figura probabilmente ha ispirato il film di KubrikIl dottor Stranamore” e il suo misterioso fascino intellettuale ha interessato scrittori come Philip Dick e Kurt Vonnegut. Morì giovane, a soli 53 anni, lasciando un’eredità che ancora oggi produce futuro.

Esistono in politica figure così insieme assolutamente brillanti e contraddittorie? Forse solo i grandi dittatori, che univano il genio e una certa propensione al male. Ovviamente non è così per Von Neumann, ma il fatto che abbia svolto gli ultimi calcoli che hanno consentito di sganciare la bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki, e che abbia tentato di costruire anche una più devastante bomba a idrogeno, inevitabilmente lo hanno dipinto come una specie di genio del male. Come abbiamo scritto, Von Neumann scrisse insieme all’economista Oskar Morgenstern un volume di 640 pagine intitolato “La teoria dei Giochi”, con cui ha dato vita ad una branca della matematica e dell’economia che studia i comportamenti cooperativi e non cooperativi e le interazioni strategiche. Ovviamente le applicazioni della teoria dei giochi sono vastissime: l’economia, la politica, la psicologia, le strategie militari. In particolare a Von Neumann si deve il concetto di minimax, basilare per tutta la teoria dei giochi. Si tratta della ricerca della migliore strategia di un giocatore, che sia un economista, un politico o un giocatore di scacchi, per massimizzare il proprio guadagno, il proprio pay off, e minimizzare il rischio di perdita, indipendentemente dalle scelte o strategie dell’avversario o di un altro giocatore.

Le vacanze e le scelte non semplici

Ora la politica sta per andare in vacanza e sarà inevitabile un rallentamento dell’attività febbrile dei partiti e dei leader. Alla ripresa, però, molti si troveranno davanti a scenari che richiederanno scelte non semplici. La leader del centrodestra e Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dovrà fare in conti con le spine europee, la crescita di litigiosità interna e un certo appannamento della sua immagine e di quella del Governo, nonostante il rafforzamento elettorale di giugno. La leader del Pd e del centro sinistra, Schlein, viene da un periodo positivo. Il buon risultato delle europee, la vittoria amministrativa e il silenzio dei capicorrente interni, le consegnano uno scettro inimmaginabile alcuni mesi fa. Perfino il suo principale oppositore, Vincenzo De Luca, ha approfittato della raccolta di firme e della battaglia sull’autonomia differenziata per andare a Canossa scalzo e vestito di un saio e attendere tre giorni e tre notti il perdono e la terza candidatura in Campania. Le due leader dovranno però affrontare delle spine.

Schlein e la genialità di Orlando

Per Giorgia Meloni il tema sarà se continuare così, e rischiare come Renzi il pericolo di referendum distruttivi su autonomia e presidenzialismo, o provocare lei nuove elezioni e provare a scompaginare i propositi di riorganizzazione del campo avverso. Per Schlein le spine sono proprio le scelte sulle regionali. Risolta brillantemente la vicenda dell’Emilia con la candidatura di un bravo e giovane sindaco come Michele De Pascale, la Puglia, la Campania e prima ancora la Liguria, sono un banco di prova decisivo. Proprio la Liguria può essere quello più rischioso. Tutto sembra portare alla candidatura di Andrea Orlando, che è il capo di una corrente interna, una delle figure più influenti degli ultimi dieci anni e di cui spesso si è ipotizzata la candidatura a segretario nazionale. Orlando è pure lui un po’ Stranamore. Deve avere qualcosa di geniale se con un semplice diploma di maturità scientifica è riuscito a fare nientedimeno che il Ministro della Giustizia, dell’ambiente e del lavoro in tre governi diversi. Sicuramente ha una solida scuola di partito alle spalle e questo potrebbe svelare l’arcano. La sua è una candidatura prestigiosa, ma non è detto che sia anche vincente. Anche per Elly Schlein si pone un quesito interessante: per massimizzare il guadagno e minimizzare le perdite, candidare Orlando in Liguria e liquidare Emiliano e De Luca, è la scelta giusta? Consiglio a entrambe in estate di studiare Von Neumann.

Pietro Maiorana

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